Il fenomeno che viene osservato non viene mai colto nella sua interezza, ma viene ridotto in variabili, delle quali si studia la loro relazione reciproca.
La variabile è qualsiasi proprietà di un oggetto o evento reale che sia misurabile.
Riducendo quindi il fenomeno a variabili, lo sperimentatore fa una scelta importante su cosa misurare e cosa no, e questo determina le caratteristiche ed i risultati dell'esperimento.
Definizione operazionale delle variabili
Le variabili concettuali sono il prodotto della prima fase dell'elaborazione teorica, che guida la prima fase della progettazione di un esperimento, e devono essere poi trasformate, in una seconda fase, in variabili operative, relative ad eventi comportamentali osservabili.
Il concetto di operazionale è stato sviluppato dal fisico Bridgman negli anni 20, per sottolineare l'importanza di usare in ambito scientifico solo termini legati a operazioni osservabili che garantissero la riproducibilità del fenomeno.
Ad esempio l'intelligenza è la variabile concettuale osservata dal punteggio ottenuto dal test di Stanford-Binet (variabile operativa).
Una buona definizione operazionale deve soddisfare 2 criteri:
Questa validità viene a mancare quando il tipo di misura usata non è adeguato al costrutto teorico a cui intende riferirsi, o quando lo stesso costrutto (la variabile concettuale) è errato.
La misurazione è il processo messo in atto per ottenere una descrizione del grado in cui un individuo possiede una certa caratteristica.
La misurazione è sempre associata ad un processo descrittivo che può essere il risultato di un giudizio soggettivo, mentre la valutazione implica invece un giudizio di valore soggetto ad inferenze, a partire dal giudizio descritto che è oggetto della misurazione.
Il più semplice tipo di misurazione si ha quando gli individui vengono classificati in base alla presenza o meno di una determinata caratteristica, si ha la scala nominale quando si usa un'unica proprietà dei numeri, quella di essere diversi gli uni dagli altri e quindi associabili ad individui o gruppi che differiscono per la caratteristica considerata rilevante.
Se l'attributo presenta variazioni di grado che consentono di stabilire un ordine tra gli individui, si usa la scala ordinale.
La scala ad intervalli si ha quando i livelli che misurano una determinata caratteristica, possono essere sostituiti da dei numeri, di cui vengono mantenute tutte le proprietà (come la progressione aritmetica), e dove la differenza tra 2 qualsiasi punti adiacenti della scala sarà sempre la stessa.
La scala a rapporto è la scala che presenta uno zero assoluto e dove è possibile dividere un punto della scala per un altro punto ed ottenere un risultato sensato.
Inoltre, è sempre possibile passare da una scala a intervallo a una scala ordinale, o da una scala ordinale ad una nominale.
Qualsiasi sia la scala usata, il ricercatore deve garantire che la sua misura soddisfi i criteri di oggettività, fedeltà, validità e sensibilità.
Una misura è oggettiva quando non risente dell'influenza di chi effettua la misurazione, la fedeltà della misura invece dipende dall'assenza di errori variabili ed implica che la sua ripetibilità nel tempo di sempre gli stessi risultati.
L'oggettività e la fedeltà garantiscono l'affidabilità, che è legata alla sua coerenza, mentre la validità si riferisce al fatto che lo strumento o la particolare tecnica usata siano in grado di soddisfare adeguatamente lo scopo per cui sono usati (esempio, strumento mal tarato = no validità).
Una misurazione è invece tanto più sensibile quanto piccola è la variabile misurata.
Esistono 3 tipologie di rilevazione delle variabili: alla prima appartengono tutti quei metodi che utilizzano apparecchiature per la registrazione automatica del comportamento, alla seconda quei metodi che usano questionari o protocolli che forniscono un resoconto delle risposte verbali del soggetto, alla terza appartengono tutte le tecniche in cui si usa il giudizio di un osservatore umano.
Nel caso della rilevazione strumentale la traduzione del comportamento esibito dal soggetto in una situazione in un dato usato è immediata ed attendibile nella misura in cui si garantisce il corretto funzionamento dell'apparecchio, nei questionari di solito il dato ricavato non è la risposta in quanto tale ma il significato che essa assume per lo sperimentatore, nel colloquio o l'osservazione invece tutto dipende dalle capacità cognitive di chi rileva il comportamento.
In generale, spesso è la natura stessa della variabile da osservare che impone la tecnica di rilevazione, ed ogni metodo presenta caratteristiche e problemi a seconda degli specifici ambiti di ricerca.
Il problema principale dei metodi con rilevazione umana riguarda l'affidabilità dovuta all'oggettiva misurazione e non ad un derivato di distorsioni dovute ad aspettative dello sperimentatore, dove per far fronte a questo dubbio, spesso si usa confrontare il giudizio di più sperimentatori.
La rilevazione osservativa è tanto più affidabile quanto più è caratterizzata da sistematicità di programmazione e di applicazione, quindi il tipo e le caratteristiche degli eventi comportamentali da osservare vanno stabiliti prima di iniziare l'osservazione, attraverso la creazione di uno schema di codifica.
Le variabili possono essere trattate in 3 modi diversi:
La variabile che invece viene semplicemente registrata è detta variabile osservata.
Esistono disegni di ricerca correlazionali che sono quelli che ad esempio mettono in relazione le prestazioni ottenute dai soggetti in prove diverse.
Nella ricerca differenziale invece, la variabile di disegno che differenzia i gruppi, esisteva prima che la ricerca fosse progettata.
Si ha il disegno sperimentale quando la variabile di disegno viene manipolata dallo sperimentatore, che le fa assumere diversi valori in diversi gruppi di soggetti (livelli della variabile di disegno).
La differenza tra il disegno sperimentale e la ricerca differenziale sta nella difficoltà di escludere che la variabile disegno non manipolata sia associata ad altre differenze tra soggetti.
La ricerca naturalistica ha lo scopo di descrivere una variabile osservata, e quindi si ha la variabile osservata in una condizione il più naturale possibile (quindi non devono essere presenti limitazioni poste dall'osservatore, come avviene nel disegno sperimentale).
La ricerca osservativa di solito viene usata come esplorativa, nel senso che di solito serve a capire cosa poi indagare con metodi sperimentali manipolatori.
Sia le ricerche di tipo correlazionale che quelle di tipo differenziale possono essere anche ricerche di tipo osservativo, mentre quelle di tipo sperimentale no, dato che la manipolazione altera il grado di libertà del comportamento osservato, che è una condizione incompatibile con la definizione di ricerca osservativa.
La validità interna di un esperimento può essere minacciata se le differenze ottenute nei gruppi sottoposte a trattamento sperimentale sono dovute a variabili diverse dalla variabile disegno.
Le principali minacce sono:
Nel disegno sperimentale, i risultati vengono confrontati tra gruppi diversi di soggetti (disegno between-subjects), tra presentazioni ripetute degli stessi soggetti (within-subjects).
Nel primo tipo ogni soggetto è assegnato ad un gruppo diverso definito da uno dei livelli della variabile di disegno e nell'analisi dei risultati viene usato un solo dato per ogni soggetto.
Nel secondo tipo ogni prova (o gruppo di prove) rappresenta un diverso livello della variabile disegno.
Molto spesso però, vengono usati modelli misti.
Solomon ha creato un modello sperimentale complesso per confrontare le differenze tra gruppi di soggetti sottoposti a diverse condizioni sperimentali, un modello in grado di eliminare le principali minacce della validità interna, dove ad esempio si può escludere la possibilità che la prova di pre-test abbia influenzato il gruppo sperimentale in modo diverso dal gruppo di controllo.
Un altro modello famoso è quello quasi-sperimentale di Campbell e Stanley.
C'è poi il disegno fattoriale dove si può studiare sia l'effetto dei singoli fattori sulla variabile osservata (effetti principali), sia il loro effetto combinato (effetti additivi e di interazione).
Quando si vogliono interpretare i risultati di un disegno fattoriale è necessario considerare prima l'effetto della combinazione dei fattori, dato che in caso di interazioni molto forti, gli effetti principali vanno interpretati con molta cautela.
Consiste nella possibilità di generalizzare i suoi risultati o le sue conclusioni a individui e contesti diversi da quelli che il ricercatore ha considerato.
Il primo criterio importante per questa validità riguarda la rappresentatività del campione di soggetti usato, dato che non si può usare l'intera popolazione si estrae un campione cercando di garantire a tutti la possibilità di essere estratti, o cmq si cerca di non formare gruppi di soggetti con caratteristiche particolari.
Un'altra minaccia è il fatto che il comportamento osservato non sia in funzione della variabile di disegno, ma della situazione in generale in cui avviene la rilevazione, dove ad esempio la reattività dei soggetti limita fortemente la possibilità di generalizzare i risultati alle situazioni del mondo reale.
Il problema della validità esterna di una ricerca si pone quindi solo quando lo scopo è quello di ottenere risultati che siano generalizzabili.
Non è cmq corretto far coincidere la validità esterna con la validità ecologica di una ricerca, questa validità (introdotta da Bronfenbrenner) fa infatti riferimento ad una condizione di ricerca in cui si verifica una coincidenza tra la percezione da parte del soggetto della situazione in cui il comportamento si manifesta e viene studiato, e le intenzioni dello sperimentatore che ha selezionato tale situazione.
Quello che lo sperimentatore deve fare per assicurare la validità ecologica, è quello di indagare sul significato psicologico e sociale che la situazione di ricerca assume per il soggetto, e controllare che questo significato corrisponda all'esperienza relativa all'ambiente a cui lo sperimentatore vuole generalizzare i dati.
In definitiva si può dire che: non è possibile studiare il comportamento in generale, ma solo il comportamento in un contesto.
La variabile è qualsiasi proprietà di un oggetto o evento reale che sia misurabile.
Riducendo quindi il fenomeno a variabili, lo sperimentatore fa una scelta importante su cosa misurare e cosa no, e questo determina le caratteristiche ed i risultati dell'esperimento.
Definizione operazionale delle variabili
Le variabili concettuali sono il prodotto della prima fase dell'elaborazione teorica, che guida la prima fase della progettazione di un esperimento, e devono essere poi trasformate, in una seconda fase, in variabili operative, relative ad eventi comportamentali osservabili.
Il concetto di operazionale è stato sviluppato dal fisico Bridgman negli anni 20, per sottolineare l'importanza di usare in ambito scientifico solo termini legati a operazioni osservabili che garantissero la riproducibilità del fenomeno.
Ad esempio l'intelligenza è la variabile concettuale osservata dal punteggio ottenuto dal test di Stanford-Binet (variabile operativa).
Una buona definizione operazionale deve soddisfare 2 criteri:
- deve contenere una descrizione delle procedure in maniera dettagliata in modo che un altro ricercatore possa riprodurre l'esperimento
- deve rappresentare adeguatamente la variabile concettuale sottostante
Questa validità viene a mancare quando il tipo di misura usata non è adeguato al costrutto teorico a cui intende riferirsi, o quando lo stesso costrutto (la variabile concettuale) è errato.
Rilevazione e misurazione delle variabili
La misurazione è il processo messo in atto per ottenere una descrizione del grado in cui un individuo possiede una certa caratteristica.
La misurazione è sempre associata ad un processo descrittivo che può essere il risultato di un giudizio soggettivo, mentre la valutazione implica invece un giudizio di valore soggetto ad inferenze, a partire dal giudizio descritto che è oggetto della misurazione.
Il più semplice tipo di misurazione si ha quando gli individui vengono classificati in base alla presenza o meno di una determinata caratteristica, si ha la scala nominale quando si usa un'unica proprietà dei numeri, quella di essere diversi gli uni dagli altri e quindi associabili ad individui o gruppi che differiscono per la caratteristica considerata rilevante.
Se l'attributo presenta variazioni di grado che consentono di stabilire un ordine tra gli individui, si usa la scala ordinale.
La scala ad intervalli si ha quando i livelli che misurano una determinata caratteristica, possono essere sostituiti da dei numeri, di cui vengono mantenute tutte le proprietà (come la progressione aritmetica), e dove la differenza tra 2 qualsiasi punti adiacenti della scala sarà sempre la stessa.
La scala a rapporto è la scala che presenta uno zero assoluto e dove è possibile dividere un punto della scala per un altro punto ed ottenere un risultato sensato.
Inoltre, è sempre possibile passare da una scala a intervallo a una scala ordinale, o da una scala ordinale ad una nominale.
Qualsiasi sia la scala usata, il ricercatore deve garantire che la sua misura soddisfi i criteri di oggettività, fedeltà, validità e sensibilità.
Una misura è oggettiva quando non risente dell'influenza di chi effettua la misurazione, la fedeltà della misura invece dipende dall'assenza di errori variabili ed implica che la sua ripetibilità nel tempo di sempre gli stessi risultati.
L'oggettività e la fedeltà garantiscono l'affidabilità, che è legata alla sua coerenza, mentre la validità si riferisce al fatto che lo strumento o la particolare tecnica usata siano in grado di soddisfare adeguatamente lo scopo per cui sono usati (esempio, strumento mal tarato = no validità).
Una misurazione è invece tanto più sensibile quanto piccola è la variabile misurata.
Modalità di rilevazione delle variabili
Esistono 3 tipologie di rilevazione delle variabili: alla prima appartengono tutti quei metodi che utilizzano apparecchiature per la registrazione automatica del comportamento, alla seconda quei metodi che usano questionari o protocolli che forniscono un resoconto delle risposte verbali del soggetto, alla terza appartengono tutte le tecniche in cui si usa il giudizio di un osservatore umano.
Nel caso della rilevazione strumentale la traduzione del comportamento esibito dal soggetto in una situazione in un dato usato è immediata ed attendibile nella misura in cui si garantisce il corretto funzionamento dell'apparecchio, nei questionari di solito il dato ricavato non è la risposta in quanto tale ma il significato che essa assume per lo sperimentatore, nel colloquio o l'osservazione invece tutto dipende dalle capacità cognitive di chi rileva il comportamento.
In generale, spesso è la natura stessa della variabile da osservare che impone la tecnica di rilevazione, ed ogni metodo presenta caratteristiche e problemi a seconda degli specifici ambiti di ricerca.
Il problema principale dei metodi con rilevazione umana riguarda l'affidabilità dovuta all'oggettiva misurazione e non ad un derivato di distorsioni dovute ad aspettative dello sperimentatore, dove per far fronte a questo dubbio, spesso si usa confrontare il giudizio di più sperimentatori.
La rilevazione osservativa è tanto più affidabile quanto più è caratterizzata da sistematicità di programmazione e di applicazione, quindi il tipo e le caratteristiche degli eventi comportamentali da osservare vanno stabiliti prima di iniziare l'osservazione, attraverso la creazione di uno schema di codifica.
Trattamento delle variabili e tipologia delle ricerche
Le variabili possono essere trattate in 3 modi diversi:
- mantenendole costanti
- controllandole e facendole assumere un valore prestabilito
- lasciandole libere di assumere qualsiasi valore
La variabile che invece viene semplicemente registrata è detta variabile osservata.
Esistono disegni di ricerca correlazionali che sono quelli che ad esempio mettono in relazione le prestazioni ottenute dai soggetti in prove diverse.
Nella ricerca differenziale invece, la variabile di disegno che differenzia i gruppi, esisteva prima che la ricerca fosse progettata.
Si ha il disegno sperimentale quando la variabile di disegno viene manipolata dallo sperimentatore, che le fa assumere diversi valori in diversi gruppi di soggetti (livelli della variabile di disegno).
La differenza tra il disegno sperimentale e la ricerca differenziale sta nella difficoltà di escludere che la variabile disegno non manipolata sia associata ad altre differenze tra soggetti.
La ricerca naturalistica ha lo scopo di descrivere una variabile osservata, e quindi si ha la variabile osservata in una condizione il più naturale possibile (quindi non devono essere presenti limitazioni poste dall'osservatore, come avviene nel disegno sperimentale).
La ricerca osservativa di solito viene usata come esplorativa, nel senso che di solito serve a capire cosa poi indagare con metodi sperimentali manipolatori.
Sia le ricerche di tipo correlazionale che quelle di tipo differenziale possono essere anche ricerche di tipo osservativo, mentre quelle di tipo sperimentale no, dato che la manipolazione altera il grado di libertà del comportamento osservato, che è una condizione incompatibile con la definizione di ricerca osservativa.
Validità interna di un esperimento
La validità interna di un esperimento può essere minacciata se le differenze ottenute nei gruppi sottoposte a trattamento sperimentale sono dovute a variabili diverse dalla variabile disegno.
Le principali minacce sono:
- Influenza delle procedure di selezione dei soggetti: quando i gruppi esposti ai diversi livelli della variabile di disegno non sono equivalenti prima della manipolazione sperimentale.
- Influenza di eventi esterni all'ambiente in cui avviene la ricerca: quando esistono intervalli temporali di una certa durata tra le varie misurazioni.
- Influenza della maturazione: cambiamenti naturali dovuti al passare del tempo.
- Influenza della perdita dei soggetti: abbandono della ricerca da parte di alcuni soggetti.
- Influenza della regressione verso la media: si può verificare ogni volta che i soggetti sono sottoposti 2 volte ad una misurazione rispetto alla stessa variabile, perchè i soggetti che hanno fornito prestazioni vicine ai valori estremi nella prima misurazione, tenderanno ad avvicinarsi ai valori medi nella prova successiva.
- Influenze interne alla situazione sperimentale: le prove sottoposte ai vari gruppi possono diventare diverse nel tempo perchè lo sperimentatore diventa sempre più pratico nella somministrazione (influenza di una mancata standardizzazione delle prove), i soggetti possono diventare più bravi con la pratica nelle prove dello stesso tipo (influenza dell'esperienza della prova), soggetti appartenenti a gruppi diversi possono scambiarsi informazioni sulla prova annullando la differenza tra gruppi (influenza della diffusione del trattamento sperimentale).
Controllo della validità interna
Nel disegno sperimentale, i risultati vengono confrontati tra gruppi diversi di soggetti (disegno between-subjects), tra presentazioni ripetute degli stessi soggetti (within-subjects).
Nel primo tipo ogni soggetto è assegnato ad un gruppo diverso definito da uno dei livelli della variabile di disegno e nell'analisi dei risultati viene usato un solo dato per ogni soggetto.
Nel secondo tipo ogni prova (o gruppo di prove) rappresenta un diverso livello della variabile disegno.
Molto spesso però, vengono usati modelli misti.
Solomon ha creato un modello sperimentale complesso per confrontare le differenze tra gruppi di soggetti sottoposti a diverse condizioni sperimentali, un modello in grado di eliminare le principali minacce della validità interna, dove ad esempio si può escludere la possibilità che la prova di pre-test abbia influenzato il gruppo sperimentale in modo diverso dal gruppo di controllo.
Un altro modello famoso è quello quasi-sperimentale di Campbell e Stanley.
C'è poi il disegno fattoriale dove si può studiare sia l'effetto dei singoli fattori sulla variabile osservata (effetti principali), sia il loro effetto combinato (effetti additivi e di interazione).
Quando si vogliono interpretare i risultati di un disegno fattoriale è necessario considerare prima l'effetto della combinazione dei fattori, dato che in caso di interazioni molto forti, gli effetti principali vanno interpretati con molta cautela.
Validità esterna di una ricerca
Consiste nella possibilità di generalizzare i suoi risultati o le sue conclusioni a individui e contesti diversi da quelli che il ricercatore ha considerato.
Il primo criterio importante per questa validità riguarda la rappresentatività del campione di soggetti usato, dato che non si può usare l'intera popolazione si estrae un campione cercando di garantire a tutti la possibilità di essere estratti, o cmq si cerca di non formare gruppi di soggetti con caratteristiche particolari.
Un'altra minaccia è il fatto che il comportamento osservato non sia in funzione della variabile di disegno, ma della situazione in generale in cui avviene la rilevazione, dove ad esempio la reattività dei soggetti limita fortemente la possibilità di generalizzare i risultati alle situazioni del mondo reale.
Il problema della validità esterna di una ricerca si pone quindi solo quando lo scopo è quello di ottenere risultati che siano generalizzabili.
Non è cmq corretto far coincidere la validità esterna con la validità ecologica di una ricerca, questa validità (introdotta da Bronfenbrenner) fa infatti riferimento ad una condizione di ricerca in cui si verifica una coincidenza tra la percezione da parte del soggetto della situazione in cui il comportamento si manifesta e viene studiato, e le intenzioni dello sperimentatore che ha selezionato tale situazione.
Quello che lo sperimentatore deve fare per assicurare la validità ecologica, è quello di indagare sul significato psicologico e sociale che la situazione di ricerca assume per il soggetto, e controllare che questo significato corrisponda all'esperienza relativa all'ambiente a cui lo sperimentatore vuole generalizzare i dati.
In definitiva si può dire che: non è possibile studiare il comportamento in generale, ma solo il comportamento in un contesto.