giovedì 5 maggio 2016

Come cancellarsi da Amazon Seller

Qualche tempo fa ho provato l'ebrezza di fingermi un grande venditore e provare a vedere qualcosa con Amazon Seller (la piattaforma di Amazon esclusivamente dedicata ai venditori).
Purtroppo però la cosa non è andata a buon fine, ed il cellulare l'ho poi venduto con una app scaricata per caso sul play store... ma vabbè, ho fatto la mia esperienza di commerciante online :p

Se anche tu ti sei registrato ad Amazon Seller con l'intenzione di vendere qualcosa e poi hai cambiato idea e vuoi cancellarti, no problem, ti spiego io dove cliccare :)

Per cancellarsi da Amazon Seller Central collegarsi a questo indirizzo:
https://sellercentral.amazon.it

Effettuare la login mettendo la propria email di registrazione e la password.

EDIT LUGLIO 2016: Ecco il link diretto

Ora, potresti andare a fare tutto un giro che passa dalle Impostazioni alle Domande Frequenti e che comporta una serie di click dispersivi, oppure cliccare direttamente qui:
https://sellercentral.amazon.it/hz/contact-us

Finirai così nella pagina dei Contatti (Contattaci).
Clicca su Il mio account e poi su Chiudi l'account.
Adesso, sotto la voce Cosa desideri, clicca su Chiudi l'account.

Come cancellarsi da Amazon Seller

Nella nuova pagina che si aprirà, ti verrà spiegato che chiudere l'account amazon è un'operazione permanente e ti verrà richiesto di fleggare il motivo (o i motivi) per cui vuoi cancellarti da amazon seller.
Se sei veramente convinto di volerti cancellare da amazon seller, clicca su Si, chiudi il mio account in maniera permanente.

NB La cancellazione da amazon seller non comporta la cancellazione dal tuo eventuale account amazon come compratore.

Cambiato idea? Ormai i tuoi dati sono persi per sempre, ma puoi sempre decidere di iscriverti nuovamente ad amazon seller con le istruzioni spiegate in questo post.

Che cos'è un hashtag?

Se frequentate i social network, avrete sicuramente notato che molte persone scrivono delle parole precedute dal cancelletto #.
Trattasi niente poco di meno che dei famosi hashtag.
Ma che cosa sono gli hashtag? Come funzionano? A cosa servono? Che cosa vuol dire hashtag?
Cercherò di rispondere a tutte queste domande con la sola imposizione del post :p

Che cos'è un hashtag?

Che cos'è un hashtag? A cosa serve l'hashtag?
Un hashtag è una particolare etichetta (o tag) utilizzato per marcare un'insieme di dati (metadati).
L'hashtag viene utilizzato su alcuni servizi di rete, ma soprattutto nei social network.
L'hashtag è dunque un aggregatore tematico, la cui funzione è quella di rendere più facile per gli utenti trovare messaggi su di un tema specifico o su un determinato contenuto.

Come funzionano gli hastag e come si usano?
Per creare un hashtag (sui siti che lo supportano) basta scrivere una parola preceduta dal cancelletto (#).
Scrivendo quindi un post con all'interno un #hashtag, questo finirà all'interno di un feed dedicato, una pagina che fa da aggregatore di tutti i post che contengono quel tipo di hashtag, in modo che il post sia visibile a tutti quelli interessati a quell'argomento, che potranno leggere e commentare il tuo post.
Ad esempio, se scrivo un post dove parlo di musica e hashtaggo la parola #musica, il mio post finirà (nel caso di facebook), in questa pagina: https://www.facebook.com/hashtag/musica
E potrà venir consultato da tutti (sempre se non ho impostazioni restrittive sulla privacy dei miei post).
E' di norma comunque consigliato di non abusare dell'uso di hashtag all'interno dei propri post, mettendone al massimo 3.

Ma ora la domanda più importante...

Che cosa vuol dire hashtag?
La parola hashtag deriva dall'inglese: hash, che vuol dire cancelletto, e da tag, che significa etichetta.
Leggi il post

Come sfogliare un array in php

Usi il php? Ti piacerebbe sfogliare un array? E allora leggiti sta guida :p

Innanzitutto, se non sai cos'è un array leggi qui.
Dopo aver compreso cos'è un array in php, proviamo subito a crearne uno:
$attori = array("Franco Franchi", "Ciccio Ingrassia", "Bombolo", "Tomas Milian");

Ho così creato un array chiamato $attori, contenente una lista di nominativi.

Ora per sfogliare l'array, posso fare semplicemente così:
<?php
$attori = array("Franco Franchi", "Ciccio Ingrassia", "Bombolo", "Tomas Milian");
foreach ( $attori as $chiave => $valore)
{
    echo $chiave." - ".$valore."<br/>";
}
?>


Con la funzione foreach ciclo l'array $attori salvando nelle variabili $chiave e $valore, rispettivamente la chiave ed il valore di ogni cella dell'array, che stampo a video con la funzione echo.

E se volessi stampare a video solo una riga dell'array conoscendone l'indice?
Semplice, basta fare:
echo $attori[0];
Stamperemo così a video la prima riga dell'array.

Per sapere quante variabili contiene un array?
echo count($attori);

Come si fa ad ordinare un array in ordine alfabetico per la chiave?
Con la funzione ksort, esempio:
ksort($attori);
Il risultato sfogliando l'array sarà identico al precedente perchè erano già ordinati per chiave primaria, quindi facciamo l'ordine per chiave inverso con krsort:
krsort($attori);

Come si ordina un array alfabeticamente per valori?
Semplice, con la funzione asort:
asort($attori);
Che ordinerà i nostri nomi in ordine alfabetico... se invece volessimo ordinarli in ordine inverso:
arsort($attori);

E queste sono alcune delle tante funzioni esistenti per gestire gli array con il php.
Se vuoi conoscere tutte le altre, collegati a questo indirizzo:
http://php.net/manual/en/function.asort.php

mercoledì 4 maggio 2016

Che cos'è un array

Oggi parliamo di Array.
Se masticate un po' qualche linguaggio di programmazione, sicuramente ne avrete già sentito parlare, e probabilmente saprete già tutto sugli array... in caso contrario, continuate a leggere (cit.)
 
Che cos'è un array?
Un array o vettore, è una struttura dati complessa, statica ed omogenea.
Un array consente di definire dei nuovi tipi di dati a partire da tipi preesistenti.

L'array è dunque una sorta di contenitore, le cui celle (caselle) sono come delle variabili tradizionali.
Ogni cella è dunque un elemento dell'array, e tutte queste variabili sono di un tipo di dato predefinito, detto tipo base dell'array.
Infatti di solito, quando si crea un array, si definisce prima che tipo di variabili l'array deve contenere ed anche quanto deve essere lungo.
La lunghezza dell'array viene chiamata dimensione dell'array, con la quale si intende quante variabili (celle) contiene l'array stesso.

Non in tutti linguaggi di programmazione è comunque necessario definire a priori la lunghezza dell'array ed il tipo di dati contenuti.
E' inoltre possibile incrementare o decrementare in qualsiasi momento la lunghezza dell'array, aggiungendo una o più celle.

Che cos'è l'indice in un array?
Un'altra nozione importante riguardo agli array, è quella sugli indici.
Un indice è praticamente un valore univoco che identifica ciascuna delle celle di un array.
Gli indici sono quindi importanti per poter richiamare il contenuto di una cella di un array.

Che cos'è un array

Che cos'è un array multidimensionale?
Esistono poi gli array multidimensionali, ovvero quegli array che possono avere più di una dimensione.
Un array multidimensionale (o bidimensionale, se ha solo 2 dimensioni), viene spesso detto matrice.
Ogni matrice può dunque avere più di un indice, ciascuno dei quali corrisponde ad una dimensione dell'array.
Ogni elemento di un array multidimensionale è dunque identificato dalla combinazione di valori di tutti gli indici dell'array.

Esempio di array:
$attore["nome"] = "Franco";
$attore["cognome"] = "Franchi";

Esempio di array bidimensionale:
$attore[0]["nome"] = "Franco";
$attore[0]["cognome"] = "Franchi";
$attore[1]["nome"] = "Ciccio";
$attore[1]["cognome"] = "Ingrassia";

Come scoprire se qualcuno usa il tuo facebook senza permesso

Se usi facebook e sei un patito della privacy, sarai felice di sapere che oltre a poter settare i tuoi post ed il tuo profilo in maniera completamente privata e nascosta per chi non è tuo amico, esiste anche una funzionalità che ti consente di scoprire se qualcuno usa il tuo facebook senza permesso.

Quello che devi fare è semplicemente, aprire facebook ed andare nel menù Impostazioni, entrandoci dalla freccina in alto a destra della pagina.

Chi usa il mio facebook

Nel menù impostazioni, clicchiamo nella voce di sinistra Protezione.
Entreremo così nelle Impostazioni di protezione, clicchiamo su Modifica accanto alla voce Avvisi di accesso.
Nella sezione Notifiche flegghiamo Ricevi le notifiche, poi nella sezione E-mail abilitiamo la voce Avvisi di accesso via email.
Clicchiamo infine sul pulsante Salva le modifiche.

Chi usa il mio facebook

Così facendo riceverai una notifica via email ogni volta che qualche dispositivo non riconosciuto (che sia un pc, un tablet, un cellulare) fa accesso al tuo account facebook senza permesso.
Tempi duri per gli spioni... la sicurezza è importante, anche su facebook! :)

Patton - Generale d'acciaio

Patton, generale d'acciaio è un film di guerra del 1970 diretto da Franklin J. Schaffner, con George C. Scott, Karl Malden, Stephen Young, Michael Strong, Carey Loftin, Michael Bates, Frank Latimore, Morgan Paull, Karl Michael Vogler.

Patton - Generale d'acciaio
Trama
Le avventure del generale Patton durante la seconda guerra mondiale.
Dallo sbarco in Marocco, alla Cecoslovacchia.
George S. Patton è un uomo tutto d'un pezzo, inflessibile, al quale si devono molti successi della seconda guerra mondiale.

Recensione
Patton - Generale d'acciaio è un ottimo film di guerra/storico.
Non è un film pieno di effetti speciali (dopotutto è del 1970 :p), ma un film realistico su cosa successe ai tempi.
Per gli amanti dei film di guerra vecchio stile, gli storici, e anche gli amanti dei documentari di guerra, perchè no.
Il generale Patton è interpretato dal bravissimo attore americano, George C. Scott, che in questa pellicola da il meglio di se per caratterizzare uno dei personaggi più emblematici del secondo conflitto mondiale.

Link alla scheda del film su wikipedia

Come aggiungere sottotitoli con vlc

Conosci VideoLAN VLC media player?
VLC è un ottimo player video ed audio che supporta moltissimi formati (avi, mpeg, mp4, ecc...), molto leggero e prestante.
Quello che però forse non sai, è che con vlc puoi compiere anche delle operazioni di video editig, tipo aggiungere dei sottotitoli ad un filmato.


Come aggiungere sottotitoli ad un video con vlc


Aggiungere dei sottotitoli ad un film con vlc è molto semplice, molto più semplice che con virtualdub (leggi il metodo virtualdub).
Apri vlc, poi vai nel menù Media e poi su Convert / Save.

Come aggiungere sottotitoli con vlc

Nella finestra che si aprirà, nella sezione File selection, clicca su Add e seleziona il video al quale vuoi aggiungere i sottotitoli.
Poi spunta la voce Use a subtitle file e clicca sulla voce Browse, andando a selezionare il file .srt, .sub, o quello che è il tuo file con i sottotitoli (vlc supporta molti formati di file per i sottotitoli).
Clicca ora su Convert / Save.

Come aggiungere sottotitoli con vlc 2

Nella nuova finestra che si aprirà, nella sezione Settings, alla voce Convert, seleziona il Profile, ovvero il formato in cui vuoi salvare il tuo video (la codifica insomma).
Puoi comunque editare il profilo/codifica di default scelta (con il pulsante raffigurante la chiave inglese ed il cacciavite), andando anche a vedere le opzioni inerenti ai sottotitoli, oppure creare un nuovo profilo da zero (con la terza icona alla destra del profilo scelto).

Poi nella sezione Destination, clicca su Browse e scegli il percorso ed il nome del filmato da salvare con i sottotitoli.
Clicca infine su Start per avviare la conversione.

Come aggiungere sottotitoli con vlc 3

Se tutto è andato a buon fine, hai appena creato il tuo primo video con i sottotitoli grazie a vlc media player :)

PS se non sai come creare un file con i sottotitoli leggi qui.

martedì 3 maggio 2016

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Disturbi evolutivi delle funzioni cognitive (4/4): ADHD

La DDAI (Disturbo d'attenzione e di iperattività) è una sindrome che descrive aspetti molto diffusi e problematici che riguardano l'area dei comportamenti e l'area cognitiva, con pesanti ripercussioni sugli apprendimenti scolastici.
Questa sindrome è diventata molto studiata dopo la sua apparizione nel DSM III.
Secondo il DSM-IV-TR è necessario che i sintomi dell'ADHD appaiano prima dei 7 anni e che compromettano il rendimento scolastico e sociale.

I criteri diagnostici del DSM sono:
A.
O 1) o 2):


1) sei (o più) dei seguenti sintomi di disattenzione sono persistiti per almeno 6 mesi con una intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il livello di sviluppo:
Disattenzione
a) spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività
b) spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco
c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente
d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze, o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni)
e) spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività
f) spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa)
g) spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (per es., giocattoli, compiti di scuola, matite, libri, o strumenti)
h) spesso è facilmente distratto da stimoli estranei
i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane


2) sei (o più) dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistiti per almeno 6 mesi con una intensità che causa disadattamento e contrasta con il livello si sviluppo:
Iperattività
a) spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia
b) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto
c) spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza)
d) spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo
e) è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”
f) spesso parla troppo
Impulsività
g) spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate
h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno
i) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per es., si intromette nelle conversazioni o nei giochi)
B. Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che causano compromissione erano presenti prima dei 7 anni di età
C. Una certa menomazione a seguito dei sintomi è presente in due o più contesti (per es., a scuola o al lavoro e a casa)
D. Deve esservi una evidente compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.
E. I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico, e non risultano meglio attribuibili ad un altro disturbo mentale (per es., Disturbo dell’Umore, Disturbo d’Ansia, Disturbo Dissociativo, o Disturbo di Personalità).

Il DSM divide inoltre questa sindrome in 3 sottotipi: disattento, iperattivo-impulsivo, combinato.
Questo disturbo viene riscontrato nella popolazione con un indice che va dal 3% al 7% con un rapporto tra maschi e femmine che va dal 4 a 1 e dal 9 a 1.
L'ICD chiama questo disturbo, disturbo dell'attività e dell'attenzione, inoltre, a seconda del manuale di riferimento, si formulano diagnosi diverse e di conseguenza si rilevano dati diversi relativamente alla diffusione del disturbo.


Aspetti evolutivi


L'età media di insorgenza è tra i 3 e i 4 anni e l'evoluzione del disturbo si manifesta secondo tempi e modalità diverse a seconda di una serie di variabili che mediano le manifestazioni sintomatologiche, come: la qualità delle relazioni con e tra familiari, l'accettazione nel contesto scolastico, il profilo cognitivo generale e la presenza di altri disturbi.
Si può suddividere l'evoluzione del DDAI in 5 fasi: prima della nascita, i primi 3 anni di vita, l'età della scuola materna, la scuola elementare, la preadolescenza e l'adolescenza.
Con la crescita, l'iperattività tende a diminuire in termini di frequenza ed intensità e può venire parzialmente sostituita da un'agitazione interiorizzata che si manifesta soprattutto con insofferenza, impazienza e continui cambi di attività o movimenti del corpo.
I ragazzi con ADHD mostrano inoltre scarsa capacità di mantenere amicizie e risolvere conflitti interpersonali.
Questo disturbo si mantiene anche in età adulta, ed il farmaco metilfenidato produce un effetto positivo nel 78% degli adulti, mentre l'intervento psicologico è utile se incentrato su strategie di problem solving per gestire situazioni complesse.



Problema di comorbilità


Almeno il 70% dei bambini con ADHD presenta un disturbo associato, inoltre, dato che i alcuni sintomi di questo disturbo non si manifestano in maniera continua e regolare, è spesso difficile formulare una diagnosi.
Le comorbilità più frequenti riguardano:

  • disturbi da comportamento dirompente: si ha comorbilità del 40-50% per i disturbi oppositivi provocatori e del 10-15% per i disturbi della condotta
  • disturbi specifici di apprendimento: i maschi hanno comorbilità del 30%, le femmine del 10%
  • disturbi d'ansia: si ha comorbilità nel 25% dei casi, anche se c'è rischio di confondersi con la diagnosi differenziale a causa dei sintomi simili
  • disturbi d'umore: circa il 25%


Cause del disturbo e modelli neurocognitivi


Una cerca vulnerabilità genetica può rappresentare un substrato biologico in cui le esperienze educative possono causare il DDAI.
Sembra che i bambini affetti da ADHD abbiano dimensioni ridotte in alcune aree cerebrali: l'area pre-frontale destra, il nucleo caudato, il globulo pallido ed il cervelletto.
Sergeant ha proposto il modello energetico-cognitivo che prevede 3 livelli d'elaborazione dell'informazione: quello sovraordinato coordina le azioni ed è la sede delle funzioni esecutive, quello energetico in cui ci sono 3 tipi di risorse (l'effort, lo sforzo che serve per mettere a disposizione l'energia necessaria per lo svolgimento di un compito, che controlla gli altri 2 tipi, l'arousal, che è l'energia necessaria per fornire risposte rapide, e l'activation, l'energia necessaria per mantenere la vigilanza), quello di elaborazione delle informazioni, costituito da 3 sistemi (decodifica, processazione e risposta motoria).
Secondo questo modello i bambini con DDAI hanno un deficit a carico della componente d'attivazione che determina una compromissione a livello di esecuzione motoria, un deficit a livello delle funzioni esecutive.
Barkley ha proposto il modello ibrido nel quale il problema centrale è un deficit di inibizione e delle funzioni esecutive, dove il deficit inibitorio determina difficoltà a livello di memoria di lavoro, autoregolazione delle emozioni, motivazione ed arousal, interiorizzazione del linguaggio ed analisi/sintesi degli eventi.
Swanson parla di 3 network che controllano i processi attentivi: esecuzione/controllo, mantenimento dell'allerta, orientamento.
Sono stati individuati dei fattori di rischio (endofenotipi):

  1. iperattività motoria
  2. deficit di inibizione delle risposte impulsive
  3. ridotta capacità di tollerare l'attesa
  4. deficit di analisi temporale
  5. difficoltà nella memoria di lavoro
Sonuga-Barke ha proposto il modello a 2 vie per il DDAI, dove il disturbo è visto come il punto di arrivo di 2 processi psicologici ed evolutivi differenti e la composizione di 2 distinte vie.
La via dei pensieri e del comportamento deficitari, caratterizzata da deficit di controllo inibitori (che comporta assenza di controllo comportamentale e riduzione dell'impegno nei compiti) e la via dello stile motivazionale, dove il deficit porta alla scarsa tolleranza per l'attesa (problema di attesa della ricompensa).


Procedure e strumenti di valutazione diagnostica


La diagnosi di DDAI è un processo complesso, ed un primo motivo è quello che i bambini con questo disturbo riescono a mantenere un comportamento controllato in laboratorio, differenziandosi dal comportamento deficitario tenuto nei contesti naturali.
Per questo motivo si richiede una valutazione di tipo comportamentale ovvero in almeno 2 contesti di vita, inoltre, non esistono strumenti neuropsicologici in grado di dare la certezza della presenza di questo disturbo.
La diagnosi richiede il coinvolgimento dei genitori e degli insegnanti ed il processo di solito è il seguente:

  1. raccolta di informazioni da fonti multiple tramite interviste semistrutturate e questionari
  2. intervista al bambino per valutare il livello di consapevolezza
  3. valutazione neuropsicologica e degli apprendimenti
  4. osservazione clinica strutturata, possibilmente in un contesto naturale (casa o scuola)
I principali strumenti per effettuare la diagnosi di DDAI, sono:
  • interviste: c'è la kiddie-sads, divisa in 4 sezioni (intervista introduttiva non strutturata, intervista diagnostica di screening, supplementi diagnostici e c-gas, una scala che misura il funzionamento del bambino, che va da bisogno completo di accudimento a funzionamento superiore)
  • questionari: ci sono le scale SDAI che consentono di valutare la presenza di sintomi DDAI facendo riferimento al DSM, c'è poi la scala SDAB, la scala SDA, la scala SDAG, la scala SCOD per insegnanti e genitori, dove si possono ottenere 4 punteggi (disattenzione, iperattività-impulsività, disturbo oppositivo provocatorio e disturbo della condotta), la scala di Conners.
  • osservazione strutturata: si cerca di capire la relazione tra un comportamento e le conseguenze che lo mantengono o gli antecedenti che lo scatenano.
    Le tecniche usate per osservare clinicamente comprendono i seguenti passi: inventario dei comportamenti negativi emessi dal bambino, categorizzazione dei comportamenti negativi, osservazione strutturata delle classi di comportamento negativo
  • test cognitivi e neuropsicologici: nei test strutturati i bambini possono ottenere buoni risultati, mentre se lasciati soli tendono a rispondere male, per questo motivo non esiste alcun test che possa stabilire con certezza la presenza di DDAI.
    C'è la WISC per l'analisi delle abilità cognitive (pianificazione visuospaziale), il test della torre di londra per la valutazione delle funzioni esecutive, il WCST valuta anche lei le funzioni esecutive (capacità di flessibilità e capacità di trovare e cambiare strategie), il continuous performance test CPT misura la vigilanza, l'attenzione sostenuta e l'impulsività, il test delle campanelle valuta l'attenzione sostenuta, la prova del Go-no Go valuta le capacità di inibizione, come anche il test di stroop, mentre il dual request selective task DRST valuta la memoria di lavoro visuospaziale.


Interventi terapeutici


Il trattamento combinato (farmacologico + psicologico) sui bambini da migliori risultati anche rispetto al farmacologico per quanto riguarda gli aspetti secondari, come la relazione con i pari e il livello di soddisfazione dei genitori.
Tuttavia tramite studi di followup, si è visto che il trattamento combinato, nel tempo, perde di efficacia.
Il trattamento farmaceutico viene cmq usato per i casi più d'emergenza e per i sintomi primari (disattenzione, iperattività, impulsività), è efficace perché rapido, ma ci sono poche prove sulla sua utilità a lungo termine.
Il trattamento psicologico dura di più nel tempo ed agisce sui sintomi secondari, quelli che influiscono sulle relazioni sociali.
Lo scopo principale del trattamento è quello di rendere il bambino consapevole delle proprie difficoltà e di aiutarlo nell'acquisizione di una maggiore autoregolazione, usando sia tecniche comportamentali che cognitive.
C'è la tecnica dei gettoni, dove il bambino viene premiato per il comportamento positivo tramite l'acquisizione di punti (o punito con la perdita).
Siccome le tecniche comportamentali sono difficilmente generalizzabili al contesto di vita del bambino, spesso si associano a tecniche cognitiviste, come autoistruzioni verbali e problem solving.
Si lavora inoltre sugli aspetti attribuzionali, dove il bambino deve imparare a dare il giusto peso alle proprie azioni, deve aumentare la consapevolezza, deve sviluppare il discorso autodiretto, per imparare anche a pianificare.

Si lavora poi sui genitori con corsi di formazione detti parent training, che sostengono i genitori nel loro difficile compito e insegnano loro tecniche educative diverse da quelle tradizionali.
Gli obiettivi dei parent training sono:

  • sostenere i genitori nell'educazione del piccolo
  • evidenziare alcune abitudini di interazione problematica
  • fornire maggiori strategie di affrontamento (coping) dei momenti di difficoltà
  • migliorare / risolvere situazioni problematiche all'interno del contesto di vita quotidiano
Gli insegnanti possono intervenire sia lavorando sulla gestione del comportamento del bambino sia su aspetti più legati al rendimento scolastico.
Si insegna agli insegnanti a come comportarsi con i bambini DDAI e a non colpevolizzarli troppo, inoltre è importante che si insegni loro come costruire un contesto ben strutturato (disposizione banchi, ecc...), perché questo tipo di contesto fa migliorare il comportamento dei bambini ADHD.

Quindi occorre agire sia sui bambini, che sui genitori, che sugli insegnanti, possibilmente su più fronti possibili, considerando diversi fattori contemporaneamente.
In generale, qualsiasi tipo di intervento può dare risultati limitati se non si adatta alle esigenze del bambino, ma anche della famiglia e degli insegnanti che fan parte del contesto in cui vive il piccolo.

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Disturbi evolutivi delle funzioni cognitive (3/4): Disturbi di calcolo

In Italia, 5 bambini su 25 (20%) in classe sembrano soffrire di difficoltà di calcolo.
Secondo lo IARLD solo il 2.5% della popolazione scolastica ha difficoltà di calcolo e solo lo 0.5-1% ha un vero e proprio disturbo di calcolo.
Spesso (90%) si riscontra disagio generalizzato di calcolo perché si possono avere problemi emotivi-motivazionali, tipo ansia, resistenza al ragionamento matematico, paura di sbagliare, o anche perché diversi aspetti dell'apprendimento matematico si intersecano.


Premesse innate dell'intelligenza numerica


La capacità di comprendere il mondo in termini numerici è innata e condivisa dall'uomo con animali che si trovano a diversi livelli della scala filogenetica.
Starkey e Cooper con un loro studio (1980) hanno usato la tecnica dell'abituazione-disabituazione per mostrare come i bambini reagiscono, a soli 4-6 mesi, alla numerosità (i bambini guardano più a lungo gli stimoli nuovi perché perdono interesse in quelli vecchi, guardando ad esempio più a lungo uno stimolo cartoncino disabituante con un numero differente di figure).
I bambini come gli adulti sembrano possedere un particolare processo di percezione visiva chiamato subitizing o immediatizzazione, che permette loro di ricavare la numerosità di un insieme in modo immediato, senza cioè attivare particolari abilità di conta.
Avere il concetto di numerosità implica il saper compiere operazioni sulle numerosità ed avere quindi delle aspettative aritmetiche (competenza che sembra essere molto primitiva).



Concatenare e contare


Secondo Gelman e Gallistel, l'acquisizione del conteggio verbale si basa sulla similarità di strutture tra i processi di conteggio preverbali e quelli verbali.
I processi preverbali rendono intellegibili i meccanismi di conteggio verbale e ne consentono l'apprendimento.
Nell'interazione competenza non verbale-ambiente si sviluppa l'abilità di conteggio verbale secondo i seguenti principi:

  1. principio della corrispondenza uno ad uno: ogni parola-numero deve essere collegata ad uno e uno solo degli oggetti da contare, e viceversa
  2. principio dell'ordine stabile: le parole-numero necessarie per contare un certo insieme di oggetti devono essere ordinate secondo una sequenza fissa ed immutabile
  3. principio della cardinalità: l'ultima parola-numero pronunciata in un conteggio designa la numerosità dell'insieme
  4. principio dell'astrazione: in un compito di conteggio ciò che risulta rilevante negli oggetti è solo il fatto di costruire delle entità distinte che possono essere numerate, quindi i principi di conteggio possono essere applicati a qualsiasi collezione di elementi (reale o immaginari), purché discreti
  5. principio dell'irrilevanza dell'ordine: il conteggio può essere fatto iniziare da qualsiasi elemento senza in questo modo influenzare il risultato
Esistono 5 fasi di acquisizione dell'abilità di conteggio che risentono ampiamente delle esperienze cui il bambino è esposto:
  1. la sequenza di numeri è usata come stringa di parole (uno, due, sette, cinque)
  2. le parole-numero vengono usate in sequenza unidirezionale in avanti a partire dall'uno (uno, due, tre, quattro...)
  3. la sequenza è producibile a partire da un numero qualsiasi della serie, sono presenti relazioni numeriche "prima di", "dopo di"
  4. le parole-numero della sequenza sono trattate come entità distinte che non devono più ricorrere ad elementi concreti di corrispondenza biunivoca (tre è più di due)
  5. la sequenza è usata come catena bidirezionale sulla quale e attraverso la quale operare in modi diversi (quattro, cinque... venti, diciannove..).

Sviluppo delle capacità di calcolo e modelli neuropsicologici


Per capacità di calcolo si intende l'insieme dei processi che consentono di operare sui numeri tramite operazioni aritmetiche.
I fatti aritmetici o operazioni base, sono dei problemi elementari (tabelline, semplici addizioni, ecc...) i cui risultati sono archiviati nella memoria a lungo termine, dalla quale possono essere direttamente richiamati senza ricorrere a particolari procedure di calcolo (conoscenza dichiarativa).
Quando il soggetto non è in grado di recuperare direttamente il risultato dalla memoria, deve usare allora un'altra componente del sistema di calcolo, deve ricorrere alla conoscenza di procedure, generiche e specifiche, del calcolo.
Quando si svolge un compito aritmetico possono quindi essere usate 2 strategie: quelle basate sul recupero mnemonico e quelle basate sui processi procedurali.
Secondo Baroody, le regole procedurali sono apprese rapidamente, sono facilmente generalizzabili e possono essere applicate sia ad operazioni semplici che complesse, quindi alcuni effetti d'interferenza tra le operazioni potrebbero essere dovuti ad una confusione nell'utilizzo delle regole procedurali, più che ad un'interferenza nei processi di recupero.
Secondo Siegler e Mitchell, i bambini usano diverse strategie di calcolo (conteggio con le dita, conteggio verbale) che vengono scelte in base ad un livello di fiducia che rappresenta la soglia al di sotto della quale il bambino percepisce l'insicurezza della propria risposta.
Beishuizen studiando le addizioni a 2 cifre ha individuato due strategie: la 1010 consiste nella scomposizione in decine ed unità di entrambi gli addendi che vengono ricomposti in un secondo momento, cioè dopo aver svolto l'operazione richiesta (es: 25+43=(20+40)+(5+3)), la seconda strategia è detta N10 e consiste nello scomporre in decine ed unità solo il secondo addendo che viene poi sommato o sottratto al primo (es: 27+52=(20+52)+7) (la strategia N10 risulta essere la più evoluta ed efficace, più usata dai più esperti, mentre la 1010 è usata soprattutto da chi ha difficoltà d'apprendimento matematico).
Il calcolo a mente usa ed esercita prevalentemente le strategie costruttive, mentre il calcolo scritto usa ed esercita soprattutto l'applicazione di procedure più o meno automatizzate.
Il modello modulare di McCloskey parla di un'architettura della cognizione numerica organizzata in 3 moduli funzionalmente distinti collegati tra loro, indirettamente, tramite la rappresentazione astratta di quantità: il sistema di comprensione dei numeri (trasforma la struttura superficiale dei numeri in una rappresentazione astratta di quantità), il sistema di calcolo (assume la rappresentazione creata dall'altro sistema e la manipola attraverso 3 componenti: i segni delle operazioni, i fatti aritmetici o operazioni base e le procedure di calcolo), il sistema di produzione (traduce le rappresentazioni interne in output, ovvero in risposte numeriche).
Ognuno dei 3 moduli è costituito da più componenti, nei sistemi di comprensione e produzione ci sono dei meccanismi in grado di elaborare 2 codici: quello verbale e quello arabico.
Il modello del triplo codice di Dehaene si basa su 2 premesse fondamentali: i numeri possono essere rappresentati mentalmente in 3 diversi formati (verbale uditivo / quattro, arabico visivo / 4 e come grandezza analogica), ogni codice numerico specifico possiede i propri processi di input e output.
Si distingue tra 3 gruppi autonomi di abilità numeriche: il gruppo basato sulle notazioni numeriche verbali (codice verbale) sfrutta i sistemi di elaborazione più generali del linguaggio parlato e scritto, possiede abilità legate alla conta e al recupero dei fatti aritmetici, il gruppo basato sulle notazioni in cifre (codice arabo) è specifico per la risoluzione di operazioni con numeri a più cifre e per il giudizio di parità, il gruppo che opera con le grandezze analogiche, è in grado di effettuare confronti con le quantità, stime e calcolo approssimativo, abilità che fanno riferimento alle competenze numeriche preverbali.
Secondo questo modello il nostro sistema numerico è in grado di manipolare i numeri e di svolgere vari compiti aritmetici usando la via asemantica, ovvero senza la necessità di elaborare una rappresentazione della quantità.



Discalculia evolutiva


I sintomi delle difficoltà nell'elaborazione del numero secondo il DSM-IN e l'ICD-10 sono:
  • incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni
  • mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici
  • mancato riconoscimento dei simboli numerici
  • difficoltà ad attuare la manipolazione aritmetiche standard
  • difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si sta considerando
  • difficoltà ad allineare correttamente i numeri o a inserire decimali o simboli durante i calcoli
  • scorretta organizzazione spaziale dei calcoli
  • incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le tabelline della moltiplicazione
Sono stati riconosciuti 2 profili distinti di discalculia: il primo è caratterizzato da debolezza nella strutturazione cognitiva delle componenti di cognizione numerica (subitizing, meccanismi di quantificazione, comparazione, seriazione, strategie di calcolo mentale), il secondo fa riferimento alle procedure esecutive (lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri) e al calcolo.
Il primo tipo è una sorta di cecità ai numeri, tipo l'incapacità di comprendere le numerosità e di manipolarle.
Secondo Butterworth, esiste un cervello matematico che fornisce al bambino delle capacità numeriche innate ampliabili con l'apprendimento, e dove il modulo numerico si attiva automaticamente (non si può guardare il mondo senza ricavare la numerosità di ciò che si vede).
Il secondo tipo si riferisce alle difficoltà nell'acquisizione delle procedure e degli algoritmi di calcolo, dove si ipotizza che esistano componenti indipendenti, dove ci sarebbe un fattore che individua la rapidità di esecuzione (variabile tempo), un fattore che riguarda la conoscenza numerica ed un fattore che riguarda il calcolo scritto.
Quindi si possono rintracciare 3 fondamentali abilità/difficoltà nei calcoli: automatizzazione, conoscenza numerica e calcolo scritto.


Errori nel sistema del calcolo


Seguendo l'idea che il sistema del calcolo è indipendente da quello della comprensione e da quello della produzione dei numeri, gli errori che possono essere commessi vengono classificati così:
  • Errori nel recupero dei fatti aritmetici: secondo Ashcraft il sistema dei numeri è rappresentato nella memoria a lungo termine come una fitta rete di informazioni che può essere vista come una sorta di tabella a doppia entrata in cui le cifre da 0 a 9 costituiscono i nodi genitori, ovvero i bordi orizzontale e verticale della tabella.
    Quando viene presentato un compito, i nodi genitori interessati si attivano fino ad arrivare ad attivare il nodo di intersezione tra i 2, che ad esempio costituisce il risultato di operazioni elementari, e in questa operazione possono essere attivati anche i nodi contigui, quelli che contengono risposte molto vicine a quella cercata, ma scorrette.
  • Errori nel mantenimento e nel recupero di procedure e strategie: si manifestano quando le procedure che facilitano il calcolo non sono ancora ben padroneggiate dal bambino.
  • Errori nelle applicazioni delle procedure: questi errori si riferiscono ai casi in cui, il bambino, nell'esecuzione di calcoli di differente complessità, entra in difficoltà.
    Esistono errori: nello stabilire le prime cose da fare per affrontare le operazioni, nel mantenere una procedura fino al termine dell'operazione, nell'applicazione delle regole di prestito e riporto, dovuti al passaggio ad una nuova operazione, dovuti ad una mancanza di progettazione e di verifica.
  • Errori dovuti alle difficoltà visuospaziali: un problema percettivo o visuo/spaziale può interferire su vari processi di calcolo, ed in particolare nell'uso di rappresentazioni analogiche, sul riconoscimento dei segni operatori e sull'uso di rappresentazioni dell'operazione (nell'incolonnamento, nella direzione procedurale, nelle procedure di prestito e di riporto).

Strumenti di valutazione


Si distingue in:

  • Prove oggettive di valutazione del livello di prestazione: esiste la prova emme + di Soresi e Corcione, batteria che valuta le abilità di soluzione di problemi, logica, statistica, geometria.
  • Prove di analisi dell'eventuale disturbo del calcolo: divise in:
    • Prove di primo livello: C'è la prova BIN (batteria di intelligenza numerica) che fornisce un quadro dei primi apprendimenti matematici dei bambini ed offre l'occasione di riconoscere alcune importanti acquisizioni precoci utili come riferimento anche per i progetti di individuazione di bambini a rischio di insuccesso in matematica e di prevenzione.
      C'è la prova Ac-MT (abilità di calcolo) per le scuole elementari e medie che consente l'accertamento del livello d'apprendimento del calcolo e delle eventuali difficoltà nella routine valutativa presso i servizi (comprende una prova delle espressioni aritmetiche, una prova di completamento della serie, una prova di calcolo approssimativo e la prova di fatti, procedure e principi).
    • Prove di secondo livello: C'è il test ABCA che è una prova diagnostica per la discalculia evolutiva che permette di valutare le competenze delle principali componenti di elaborazione cognitiva del sistema dei numeri e del calcolo (la batteria comprende prove di calcolo scritto, di calcolo a mente e di approfondimento, prove di comprensione e prove di produzione).
      C'è la batteria BDE per la valutazione della discalculia evolutiva, che si ispira al modello teorico di Dehaene e fa riferimento a 2 macrocomponenti, il sistema del calcolo e il sistema dei numeri.

Trattamento delle difficoltà di calcolo


Per quanto riguarda le esperienze per il recupero specifico ci sono metodi di insegnamento di procedure di calcolo come l'insegnamento diretto, ad ispirazione comportamentale, che comprendono dimostrazione, guida esplicita, modellamento, autoverbalizzazioni, rinforzo.


Per i programmi di potenziamento delle abilità di cognizione numerica ci sono proposte di insegnamento di curricoli o di strategie per favorire l'apprendimento del calcolo aritmetico nel suo complesso.
Ad esempio c'è il curriculum di Resnick composto da 8 moduli suddivisi in più fasi ordinate tra loro, che comprendono l'insegnamento del contare e della corrispondenza biunivoca, la lettura ed il confronto quantitativo tra numeri, il confronto tra insiemi e la loro rappresentazione in numeri, la seriazione di insiemi, l'addizione e la sottrazione di numeri e la soluzione di semplici equazioni che richiedono addizione e sottrazione.
Il programma memocalcolo è finalizzato all'insegnamento di fatti aritmetici (i risultati di operazioni che il bambino dovrebbe conoscere senza bisogno di calcolarli ogni volta), ma sollecita anche alcune funzioni matematiche che hanno un rapporto con i fatti, quali i principi di base e il calcolo mentale.
Questo programma si articola in diverse parti: principi di calcolo, strategie per automatizzazione, fatti additivi e sottrattivi, fatti pitagorici e sottrazioni, fatti moltiplicativi, dai fatti al calcolo, giochi con i numeri e attività di consolidamento.


Prassi clinica nel disturbo del calcolo


Il percorso diagnostico valutativo del bambino che ha questo disturbo è complicato perché il problema non si presenta isolato, ma in associazione con altre difficoltà (principalmente di lettura, attenzione e funzionamento cognitivo).
A seconda dei casi potrebbero essere valutati: la memoria di lavoro fonologica, l'attenzione, la memoria di lavoro visuospaziale, i processi esecutivi, ecc...
La comprensione richiede rappresentazioni semantiche sul significato dei simboli e numeri, nella produzione invece si richiedono processi di recupero di combinazioni e sequenze di numeri oltre che la loro identificazione e scrittura.
Nel caso si debbano quindi promuovere le conoscenze semantiche si dovranno scegliere materiale e procedure che facilitino l'accesso ai significati e alla loro rappresentazioni mentale, mentre se si vuole promuovere l'abilità di produzione ci si concentrerà sulla memorizzazione e l'automatizzazione del recupero.
Diversi trattamenti applicano delle esercitazioni mirate al potenziamento delle abilità deficitarie, evitando di esercitare quelle che vanno bene, con l'obiettivo di una maggiore accuratezza (primo obiettivo) e di una maggiore velocità (secondo obiettivo).


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Disturbi evolutivi delle funzioni cognitive (2/4): Dislessia e disturbi di scrittura

Il disturbo specifico nell'apprendimento della decodifica di lettura (lettura decifrativa) è noto come dislessia.
In questo disturbo i fattori d'inclusione sono: il bambino è intelligente, di buone condizioni socioculturali, senza problemi emotivi rilevanti, ha avuto un normale insegnamento, presenta dalla prima elementare una sorprendente difficoltà nell'apprendimento della lettura che permane anche dopo che sono stati avviati sforzi notevoli per aiutarlo.
Questo disturbo ha anche una notevole familiarità.
Per dislessia si deve intendere solo uno specifico disturbo nell'automatizzazione (velocità) e nella correttezza della lettura, per disortografia solo uno specifico disturbo nella correttezza della scrittura (difficoltà di trascrizione da fonema a grafema) e per disgrafia una specifica difficoltà nella realizzazione manuale di grafemi e quindi nel grafismo.


Problemi nella valutazione di dislessia e disortografia


La valutazione clinica indaga su l'impatto che le difficoltà di lettura e di scrittura hanno nella vita di tutti i giorni, con particolare attenzione per la vita scolastica e le possibili ripercussioni sul piano emotivo e relazionale.
La valutazione psicometrica invece può dare problemi perché non sono state ancora definite né le prove da utilizzare, né quanti e quali dovrebbero essere i parametri che devono ricadere nella fascia critica, inoltre, se 2 clinici usano strumenti diversi, possono giungere a valutazioni diverse.
Ci sono poi problemi legati a misure normative diverse, tipo il tener conto delle sillabe al secondo o dei secondi per sillaba, o i tempi totali di esecuzione, o le medie, o le deviazioni standard, ecc...
Cmq sia, per le prove d'apprendimento, l'uso di scale ordinali o di fasce di prestazioni sembra più prudente rispetto all'uso di media e deviazione standard.
La verifica della competenza della lettura dovrebbe prevedere la lettura di un brano e di liste di parole, la valutazione della scrittura dovrebbe considerare una prova di produzione di testo, una prova di dettato di parole e una di velocità di produzione di grafemi, ovvero tutte prove neutre rispetto ai vari modelli teorici di riferimento.
Per la lettura di brani ci sono le prove di lettura MT, per la lettura di liste di parole c'è la batteria per la valutazione della dislessia e disortografia evolutiva, per le prove di produzione testo ci sono prove le di descrizione e narrazione della batteria per la valutazione della scrittura e della competenza ortografica nella scuola dell'obbligo.



Modelli interpretativi


La fase di definizione delle caratteristiche del disturbo ha prodotto diversi modelli interpretativi.

Ipotesi del doppio deficit
Si ipotizza che il locus del disturbo possa essere distinto in un deficit nella componente fonologica e in un'inefficienza nel recupero di informazioni fonologiche e quindi di denominazione veloce.
Il vero ostacolo alla lettura sembra derivare dalla fluenza, derivante da un rallentamento nei processi di recupero dalla memoria a lungo termine delle informazioni rilevanti e lessicali.
In uno studio di Zoccolotti, è stato dimostrato che l'allungamento dei tempi di lettura a seconda del numero di grafemi contenuti nella parola viene ridotto se si richiede ai dislessici di leggere dopo un ritardo di almeno 1 secondo dalla presentazione sullo schermo.
Questo ritardo potrebbe facilitare alcuni processi prelessicali, ad esempio l'analisi visiva.

Ipotesi delle 2 vie
Questo modello sostiene che la lettura può avvenire normalmente tramite 2 vie, una fonologica (che si basa sulle regole di trasformazione del testo scritto in fonemi) ed una diretta che porta al riconoscimento immediato della parola scritta.
In alcuni disturbi sarebbe quindi compromessa la via fonologica (dislessia fonologica, dislessia lettera per lettera), in altri la via diretta (dislessia superficiale) ed in altri ancora l'accesso al significato (dislessia profonda, iperlessia).
Questo modello a 2 vie è molto usato nelle ricerche attuali.

Problemi visivi
Si pone l'accento sul deficit del sistema magnocellulare usato nei processi di decodifica delle lettere o parole, ovvero di quella parte del sistema visivo che permette di rilevare e rapidi cambiamenti nella periferia del campo visivo.
Nella lettura, questo sistema permette di dirigere i movimenti oculari verso la parola o una sua parte, la quale deve essere sufficientemente messa a fuoco per essere riconosciuta e associata alle sue corrispondenze fonologiche.
Secondo gli studi di Spinelli, circa il 30% dei dislessici analizzati riporta una difficoltà particolare quando alcune parole e delle non parole da identificare sono presentate mescolate ad altre (fenomeno definito come crowding o affollamento della lettura).


Analisi dell'apprendimento della lettura


Spesso i disturbi si presentano come ritardi e quindi il bambino si trova in una fase precedente rispetto ai suoi coetanei.
La soluzione in questi casi è quella di promuovere lo sviluppo delle fasi successive a quella dove si è fermato il bambino.
Secondo il modello a 2 vie, la fase alfabetica è importante per l'apprendimento della lettura, e corrisponde a quella fase dove il bambino inizia a riconoscere automaticamente parti sempre maggiori della parola scritta.
Inizialmente il lettore si basa su ogni singolo grafema, successivamente c'è la fase alfabetica che fa riconoscere gruppi di lettere (sillabe), grafemi e morfemi.
Spesso la descrizione qualitativa delle tappe d'apprendimento della lettura viene affiancata alla descrizione quantitativa.
L'uso dell'indice della rapidità sembra fondamentale, in quanto è stato provato che i ragazzi dislessici presentano una velocità media che è circa la metà di quella dei normolettori.



Procedure diagnostiche d'inclusione


La disgrafia viene individuata analizzando la leggibilità del grafema, dove se una persona che non ha mai visto una calligrafia non capisce ciò che è stato scritto, si può parlare di questo disturbo.
Altri aspetti importanti del grafismo riguardano la gestione dello spazio sul foglio, il rispetto delle distanze tra le lettere e le parole, ecc...
Parlando di comorbilità, la dislessia è spesso associata alla disortografia, ed entrambe spesso sono associate alla discalculia o ad altri disturbi evolutivi, come ad esempio un disturbo da deficit di attenzione-iperattività o disturbi del comportamento o dell'umore.



Trattamento della dislessia


Le abilità più prossime alla lettura e alla scrittura sono i migliori predittori del successo in lettura e scrittura.
Queste abilità sono le competenze che più si avvicinano al compito della lettura e scrittura, ad esempio in fase prescolare sono le abilità metafonologiche di analisi e sintesi fonologica ed il riconoscimento o la scrittura di singoli grafemi.
Esistono molte proposte di trattamento, che vanno da suggerimenti, a proposte didattiche, a materiali psicopedagogici e a procedure specifiche controllate sperimentalmente.
La pratica può aiutare il bambino, inoltre il dislessico tende, per motivi motivazionali e di scarsa competenza, a leggere meno dei suoi coetanei e questo riduce la sua probabilità di memorizzare le forme scritte, quindi ogni cosa che incentiva la lettura (come stimoli accattivanti, giochi, ecc...) è benevola al bambino.
Anche le attività aspecifiche sono utili, e sono quelle attività che non hanno a che fare con la specifica difficoltà del bambino, ma che cmq mettono in gioco processi implicati nella lettura.
Per la dislessia sono stati proposti molti trattamenti, ma quelli che sembrano più efficaci sono quelli che inizialmente puntano a raggiungere la massima correttezza senza enfatizzare la velocità, proponendo subito dopo, esercizi per l'automatizzazione del riconoscimento di sillabe e parole, meglio se usando brani mediante software ad hoc.
Secondo i dati di numerose ricerche sembra che raggiungere la normalizzazione nella correttezza in lettura sia un traguardo possibile per la maggior parte dei soggetti.



Trattamenti della scrittura


Per il trattamento della disortografia purtroppo non ci sono dati raccolti in modo sistematico, quindi in attesa di studi sistematici il suggerimento è quello di migliorare i processi sottostanti la corretta produzione di parole regolari ed irregolari.
Per le parole regolari i processi sono quelli di analisi fonologica e dell'associazione con i corrispondenti grafemi, e più avanti nello sviluppo, quelli relativi a gruppi ortografici particolari (gh, ch, gl, sc, gn) e quelli relativi alla padronanza della scrittura di raggruppamenti di lettere.
Nel caso di parole irregolari, può funzionare un misto di memorizzazione delle eccezioni associato all'apprendimento di regole.
Tressoldi e Cornoldi hanno distinto 3 tipi d'errore: fonologici (la produzione scritta non corrisponde all'enunciato), non fonologici (c'è corrispondenza ma le parole sono unite o separate erroneamente, es. cera una volta, in tanto), fonetici (errato uso di doppie ed accenti).
Attività d'aiuto comprendono programmi di videoscrittura che includono il correttore e software dove il bambino può sentire ciò che dice.
Per quanto riguarda la velocità di scrittura, non sono ancora disponibili studi italiani per verificare la possibilità di migliorare la velocità di scrittura e pochi sono i contributi presenti nella letteratura con alunni di lingua inglese.
Si pensa cmq che un intervento sulla competenza ortografica abbia cmq un effetto benevolo indiretto sulla velocità di scrittura.
Per la disgrafia, Berninger e Graham hanno dimostrato che insegnando adeguati pattern motori ad alunni di prima elementare, si possono ottenere dei significativi cambiamenti, anche se però è da studiare se è possibile migliorare bambini più grandi che ormai hanno automatizzato il modo errato di scrivere.
I problemi di espressione scritta si presentano sotto varie forme e in associazione con altre difficoltà, cmq ci sono molte prove a sostegno dell'ipotesi che sono problemi migliorabili, usando aiuti esterni che riducono il carico cognitivo e potenziando le strategie metacognitive e motivazionali.
Un esempio di training è quello di Graham, il self-regulated strategy development che prevede:

  1. sviluppo e attivazione delle conoscenze possedute
  2. discussione di strategie proposte
  3. modellamento cognitivo di ogni strategia
  4. memorizzazione della strategia
  5. supporto collaborativo della strategia
  6. richiesta di prestazione indipendente
Il programma lavora su 4 strategie di base per l'autoregolazione sviluppate assieme alle strategie di scrittura: definizione dell'obiettivo, autoistruzioni, automonitoraggio e autorinforzo.

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