Il valore ed il significato, di questi sistemi consistono nel fatto di intendere la genesi, ovvero la causa dell'evoluzione, di un fenomeno patologico come elementi necessari per definire il fenomeno stesso.
La teoria etiologica consente di gerarchizzare i sintomi ed individuare le cause, tuttavia ogni sistema interpretativo-esplicativo non può proporsi come esaustivo.
Segni e sintomi
L'attenzione ai sintomi è necessaria ma non sufficiente.
La lettura anche di quei comportamenti del paziente che possono non avere il valore di sintomo richiede un processo d'inferenza a partire dai dati osservati e relazionali che rimandano ad altri dati non più evidenti.
Lo sforzo interpretativo richiede un'attenzione a tutto campo.
Ai dati che provengono da un'osservazione allargata e che non hanno importanza sintomatica viene dato il nome di segni.
Il segno può apparire spontaneamente all'osservatore o richiedere qualche particolare manovra per essere evidenziato, quindi tutti i sintomi sono segni, ma non viceversa.
I sintomi sono segnali forti, i segni possono anche essere segnali deboli, e l'interpretazione si sforza di leggere dietro ai segni e dietro ai sintomi (aiutandosi con i segni), cerca di comprendere il segno patologico inserendolo nel contesto dei segni non patologici che appartengono all'universo comunicativo dello stesso soggetto.
Verso un sistema interpretativo-esplicativo clinicamente fondato
La costruzione di un sistema interpretativo-esplicativo integrato del comportamento umano patologico e normale presuppone la possibilità che le teorie biologiche, psicologiche e sociali del disturbo mentale riconoscano ciascuna la parzialità del proprio punto di vista e l'utilità di punti di vista diversi dal proprio, in uno sforzo di collaborazione al posto che di concorrenza.
Davanti al disturbo del paziente è importante che nella mente del clinico ci sia la spiegazione biologica, quella psicologica, l'interpretazione sistematica, quella cognitiva, eccetera.
Ciascuna di queste spiegazioni vince o perde o si completa con gli apporti delle altre, man mano che gli elementi clinici raccolti nel lavoro diagnostico danno sostanza ad una diagnosi funzionale del disturbo del paziente.
Nella realtà del lavoro quotidiano, il problema del clinico è la scelta della chiave interpretativa più utile al paziente.
Le maggiori garanzie di un intervento corretto si hanno quando è possibile stabilire una gerarchia tra i fattori che inducono il disturbo ed affrontare ciascuno di essi in modo adeguato.
Il disturbo nella mente del clinico, tra le diverse spiegazioni possibili, è quindi il motore del ragionamento che porta a stabilire una diagnosi e ad instaurare una o più terapie.
Lascia un commento!