Frank, un bambino di 14 anni, viene mandato alla Tavistock
Clinic perchè aveva gravi difficoltà d'apprendimento, era aggressivo e
rubava, e 2 anni prima di entrare in cura aveva anche tentato il
suicidio.
Anamnesi
La madre di Frank era morta quando lui aveva 7 anni, ma cmq lui non la
aveva mai vista (come il padre), dato che lo aveva mandato in
orfanotrofio a pochi mesi.
Dopo aver cambiato 3 orfanotrofi, viene adottato da una famiglia che lo
abbandona dopo 10 anni (interrompendo ogni contatto) perchè troppo
ribelle, condizione peggiorata dopo che questi aveva scoperto che la sua
vera madre era morta.
Si ha quindi una doppia deprivazione, la deprivazione inflittagli
dalle circostanze esterne, che sfuggivano al suo controllo, e la
deprivazione che derivava da fonti interne, dalle sue difese distruttive
e dalla qualità dei suoi oggetti interni che gli fornivano uno scarso
appoggio da fare di lui una persona sola ed inavvicinabile.
Identificazione con un oggetto interno idealizzato
A scuola Frank era diventato molto pericoloso per i compagni, che
spesso minacciava con coltelli, era indifferente a qualsiasi punizione o
rimprovero, provocava negli altri molta paura mentre lui sembrava privo
di sentimenti.
In terapia era sempre puntuale, anzi in anticipo, ma sembrava
distaccato, scindeva i propri sentimenti e parti del sé e li proiettava
su altri, e l'unica cosa a cui sembrava tenere era il proprio aspetto
fisico.
Sembrava assente e distaccato e per questo era difficile prendere
contatto con lui, prendeva ogni approccio come una cosa fastidiosa, e
l'identificazione con un oggetto interno idealizzato sembrava l'unica
cosa che fosse in grado di tenerlo insieme.
Lui si identificava in sua madre, si comportava come credeva si fosse
comportata lei, troppo vanitoso per occuparsi degli altri, e lo scopo
del suo comportamento era quello di scindere e proiettare in un'altra
persona i sentimenti che non poteva sopportare, e allo stesso tempo si
identificava con l'oggetto irraggiungibile idealizzato, con cui si
sentiva tutt'uno e che controllava.
Alcune frasi di Frank sembravano voler dire che l'unico modo per non
rimanere ferito da un oggetto brutto che si ha dentro di sé, è
identificarsi con esso, diventare un muro e lasciare la sofferenza a
qualcun altro, quindi ogni nuova deprivazione, ogni nuova esperienza di
un oggetto esterno duro, veniva introiettata da Frank e cementava
ulteriormente la durezza del suo oggetto interno.
Il pakistano
Frank metteva alla prova il terapeuta per capire se tollerasse i suoi
attacchi o se diventasse duro come un muro, inoltre, nonostante fosse un
ragazzo di colore, se la prendeva con i ragazzi pakistani, affermando
che se li colpisci loro tornano a prenderne ancora, il tutto
probabilmente pensando ad un bambino piccolo e debole che continua a
sbattere la testa contro il muro della madre dura ed insensibile,
comportamento che non avrebbe fatto sopravvivere a lungo il piccolo.
Disse inoltre che non ce l'aveva con tutti i pakistani, ma solo con uno, probabilmente ce l'aveva contro se stesso.
Rimproveri
Frank cominciò ad accusare di freddezza, indifferenza e durezza il
terapeuta, perchè non soddisfava subito i suoi bisogni, e si comportava
da freddo e distaccato identificandosi nella madre insensibile, ed i
sentimenti che lei suscitava dovevano essere sofferti dai pakistani.
Frank faceva di tutto per accusare il terapeuta di negligenza,
arrivando prestissimo, usando questi rimproveri come difesa, perchè Frank si sentiva molto più a suo agio in una situazione nota, davanti
ad una persona di cui non aveva fiducia, qualcuno che non poteva
essergli di nessun aiuto (dato che in vita sua non aveva mai avuto
fiducia di nessuno).
Il terapeuta era rimproverato di essere una figura parziale non sempre
disponibile (come dovrebbe esserlo una buona madre), quando però questi
aumentò il numero di sedute, il cambiamento del setting scosse il senso
di sicurezza che Frank aveva acquisito.
Frank con tutti questi rimproveri chiedeva aiuto, ma in modo velato.
Violenza fisica e psicologica
Frank accusava il terapeuta di volerlo fare piangere allo scopo di
farlo passare per tiranno e lui per vittima, in modo che poi potesse
giustificare la sua violenza a scopo difensivo.
Il comportamento aggressivo fuori dal setting diminuì, ma aumentò il
rischio di violenza in terapia (con minacce velate del piccolo), e cmq
comprendere le ostilità non è sufficiente, secondo la visione di Mary Boston,
il nuovo oggetto della violenza (il terapeuta) deve dimostrare di saper
contenere tale violenza e ridurre l'onnipotenza, dimostrandosi migliore
del paziente e quindi una persona da prendere d'esempio e da cui
imparare come comportarsi.
Secondo le fantasie di onnipotenza del piccolo, sua madre era morta
perchè si era sottratta al suo controllo, e quando dopo un po' di
terapia diminuì la violenza fisica, apparve quella mentale.
Una volta il terapeuta parlò gesticolando, ed il paziente prese il suo
posto dicendo che si poteva discutere anche senza venire alle mani.
Per Frank, qualsiasi sentimento di calore e vicinanza era tanto
doloroso che doveva liberarsene immediatamente, quindi svuotava tutto di
significato e quindi di emozioni, e a volte usava come metodo di
difesa, quello di togliere una parola da una frase per poi giustiziarla
(facendo perdere la frase di ogni impatto emotivo).
Quindi a causa delle carenze affettive del passato ora uccideva subito i
sentimenti come l'essere capito e l'essere in contatto con gli altri,
cercando anche di spezzare i legami all'interno della mente del
terapeuta, interrompendolo quando stava per giungere a qualche
conclusione, disturbando, lottava con il suo pensare.
Probabilmente sono stati traumatici per Frank anche i diversi legami
interrotti più volte da piccolo, con ad esempio i vari cambi di
orfanotrofio, e forse per questo, per non soffrire più, non voleva più
legare con nessuno.
Dopo 1 anno e mezzo di terapia le sue difficoltà di apprendimento erano molto diminuite.
Il desiderio di essere salvato
Diversi elementi portano a pensare che Frank fa affidamento sul lavoro
del terapeuta per ristabilire i legami spezzati, in modo di evitare di
perdersi nella confusione o andare alla deriva.
Dopo un po' di terapia ci sono stati segni di una maggiore capacità di
provare sentimenti di fiducia nei confronti del terapeuta e segni
d'accettazione di un rapporto di maggior dipendenza.
Frank sembrava interessato a voler entrare nell'esercito, all'inizio
sembrava gli interessasse uccidere, poi invece si è capito che forse gli
interessava essere ucciso.
Frank era cmq migliorato e non dava più preoccupazioni, né a scuola né
in orfanotrofio, tuttavia aveva ancora bisogno di aiuto, anche se non
aveva coraggio di ammetterlo apertamente e faceva solo allusioni.
Frank a 16 anni doveva lasciare l'orfanotrofio e questo poteva creare
un problema per il proseguimento della terapia, inoltre non si sapeva
dove sarebbe andato a stare, così il terapeuta si occupò della faccenda,
però senza farglielo sapere, perchè se no lui avrebbe rinfacciato che
poteva ospitarlo a casa sua, inoltre questa cosa avrebbe mutato il loro
rapporto e messo in confusione Frank, oltre al fatto che il terapeuta
volle chiarire quali fossero i limiti del loro rapporto e che
aspettative potesse avere il piccolo nei suoi confronti.
Frank migliorò ulteriormente quando riuscì a chiedere aiuto più
apertamente, dimostrando di capire meglio le proprie reali esigenze.
sabato 18 marzo 2017
Psicopatologia (20/25): La doppia deprivazione
Pubblicato da Oggi è un altro post
sabato 18 marzo 2017 - 10:30
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