I pazienti di Freud soffrivano di un conflitto interno nascosto, dove c'era discrepanza tra quello che inconsciamente desideravano e ciò che erano consapevoli di desiderare, e una volta smascherate le cause del conflitto i sintomi nevrotici (di solito) sparivano da soli.
La mente mette la censura ai pensieri gravosi, una sorta di difesa che distorce i pensieri inconsci trasformandoli in intenzioni consce irriconoscibili.
L'inconscio è l'area della mente in cui è relegata la lotta tra le idee conflittuali, attraverso un'azione di rimozione dalla coscienza.
Freud individuò anche altri modi per indagare sui pensieri inconsci: studiando i lapsus ed i sogni.
Sessualità infantile
Freud considerava i sintomi nevrotici come una ripetizione dell'esperienza di un precedente stato conflittuale, un conflitto sessuale d'infanzia.
Freud scoprì che i sintomi nevrotici non svanivano finché il ricordo infantile non era stato riportato alla luce, ed il carattere doloroso del ricordo appariva collegato ai sentimenti d'angoscia e di colpa che suscitava.
Freud definì la libido e le pulsioni dell'Io, parlando poi di pulsioni di vita e pulsioni di morte, considerando inizialmente il conflitto solo su fattori interni, per poi più avanti allargare la visione prendendo in considerazione il rapporto con le altre persone.
Il complesso di edipo
Secondo Freud questo complesso si raggiunge all'incirca all'età di 4 o 5 anni, quando il bambino ha il desiderio di una relazione d'amore esclusiva con il genitore di sesso opposto, accompagnata da gelosia, rabbia, colpa e paura nei confronti dei potenziali rivali (quindi di solito soprattutto nei confronti dell'altro genitore).
Il complesso di edipo è un momento cruciale per lo sviluppo, la sua comparsa e la sua risoluzione costituiscono il nucleo della nevrosi infantile, che come ogni altra nevrosi va risolta.
In questa fase le pulsioni naturali (l'Es) vengono deviate e sottoposte all'Io (il senso di realtà), e con la nascita del Super-Io (coscienza individuale), il complesso viene risolto.
Prima del complesso edipico i conflitti nascono prevalentemente da un mancato controllo dell'espressione pulsionale (Es), nella fase successiva al complesso i problemi sorgono innanzitutto dallo squilibrio delle rispettive forze dell'Io e del super-Io, in questo caso, un individuo maturo è poco suscettibile a nevrosi nella misura in cui riesce a condurre la propria vita sulla base di una percezione corretta della realtà per mezzo dell'Io, invece che sulla base delle limitazioni imposte ai suoi impulsi dal Super-Io.
Gli inizi dell'analisi infantile
Freud parlava di nevrosi infantile come naturale conseguenza collaterale del complesso edipico, dalla quale poteva scaturire poi la nevrosi nell'adulto.
C'era da capire se la nevrosi infantile fosse paragonabile a quella da adulto (quindi dannosa), ma la psicoanalisi era cmq una tecnica per adulti, l'Io del bambino è troppo immaturo, il bambino tende ad agire al posto che pensare, non si riescono ad applicare le libere associazioni e l'interpretazione dei sogni.
Anna Freud propone allora di modificare la tecnica psicoanalitica per adattarla ai bambini, tenendo conto dell'età del bambino, delle circostanze di vita, delle difese dell'Io usate per far fronte alle pulsioni.
Inoltre i bambini non avevano stimoli per fare l'analisi (non avevano motivi per guarire) quindi era molto più difficile instaurare l'alleanza necessaria per poter aver successo nell'analisi, ed il terapeuta in alcuni casi doveva fare anche da educatore e quindi ci voleva una fase preliminare alla terapia.
Melanie Klein invece, parla di meccanismi di difesa come la proiezione e l'introiezione che determinano la comparsa dell'Io infantile, e di causa immediata dell'angoscia nevrotica come stato di conflitto nella vita attuale del paziente.
La Freud interpretò la natura delle pulsioni in termini di comportamenti pulsionali e zone dominanti (orale, anale, genitale), mentre la Klein le interpretava come forme preliminari di espressione dei rapporti con le figure che si prendevano cura del bambino.
La Freud vedeva le pulsioni in rapporto all'oggetto piuttosto che alla ricerca di un oggetto.
La Klein sosteneva che l'angoscia inconscia è presente già nelle primissime interazioni del neonato, e parla di posizione schizoparanoide (nei primi 6 mesi di vita) caratterizzata da ansie persecutorie e dalla scissione in buono e cattivo, e la posizione depressiva (dalla seconda metà del primo anno) caratterizzata dall'inizio della comprensione dell'esistenza degli altri come non parti di se, dai sensi di colpa per aver danneggiato la madre con le proprie pulsioni.
La Klein pensa quindi che esista il Super-Io fin dalla fase depressiva e che quindi la fase edipica avvenga prima di quanto sostenga Freud.
La Klein intraprende quindi la terapia anche con i bambini molto piccoli, per far fronte alle loro angosce, usando l'innovativa tecnica del gioco, dove ad esempio la distruttività esterna (es. macchinine che si scontrano) indica il caos interno.
La Klein non ha bisogno della fase preparatoria per il bambino, spiega subito le sue interpretazioni ai bambini, analizzando il transfert, andando a fondo, mentre la Freud sosteneva che bisognava andarci cauti con i bambini.
Psicoanalisi infantile e psicoterapia infantile
A volte gli stati nevrotici sono intrecciati al limite della psicosi, e per questo il lavoro della Klein sulle difese primitive è importante, per capire meglio certi comportamenti.
La Freud dal canto suo afferma che i bambini piccoli non si possono definire psicotici, perchè certi processi di pensiero sono normali nel primissimo sviluppo del bambino, quindi l'intervento psicoanalitico deve avvenire solo in chiari casi di disturbo, e la normale crescita del bambino non deve subire interferenze.
La Klein dopo un po' di studi diede meno importanza ai primi impulsi sessuali aggressivi a favore delle buone esperienze connesse alla manipolazione, sulla capacità del piccolo di attenuare la forza delle sue prime fantasie aggressive.
Con lo sviluppo della psicoanalisi si iniziò ad interessarsi di più alle reazioni dei bambini alla separazione dalla madre, al rapporto madre-bambino, grazie anche alle ricerche di Bowlby, Winnicott e Spitz.
L'influenza dei fattori ambientali ha quindi ripreso un punto importante nella psicoanalisi, e non è tanto l'esperienza esterna in sé, quanto la risposta interna del bambino ad essa che è importante.
Qualsiasi sia l'orientamento terapeutico, tutti sono d'accordo nell'affermare che le cause immediate del disagio psicologico derivano da un conflitto interno, ed il malessere psicologico è insieme il prodotto ed il sintomo di un fallimento significativo della psiche individuale nell'affrontare adeguatamente il conflitto interno.
Il compito del terapeuta è quello di mettere in grado il paziente di comprendere i propri conflitti e se possibile di mutarne l'economia (ciò non significa cmq che il terapeuta sia indifferente alle influenze ambientali).
La sola base su cui il lavoro analitico può dare i suoi frutti è la presenza del terapeuta come interprete attento, ma non coinvolto, dei conflitti intrapsichici del bambino.
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