domenica 19 febbraio 2017

Psicopatologia (13/25): Teoria sui meccanismi di difesa

L'evoluzione del concetto di difesa psichica da Freud ad oggi


Secondo Freud, i meccanismi di difesa servono a tenere lontani i pericoli, ma essi stessi possono trasformarsi in pericoli.
L'importanza dei meccanismi di difesa è riconosciuta da tutti, tanto che nel DSM-IV è sta introdotta una scala di valutazione del funzionamento difensivo.
Il meccanismo di difesa agisce per lo più inconsciamente, con lo scopo di proteggere l'individuo dall'eccessiva ansia (dovuta a desideri e pensieri inaccettabili), e nella moderna concezione delle difese è stata introdotta una ulteriore funzione: la protezione del Sé, dell'autostima e l'integrazione del Sé.
Il concetto di difesa non deve essere inteso più solo come forza intrapsichica risolutrice di conflitti, ma anche come elemento centrale nello sviluppo di pattern relazionali più o meno adattivi.
Altri contributi al concetto di difesa sono stati forniti dal cognitivismo e dalla teoria dell'attaccamento.


Sigmund Freud: le origini
Lo studio dei meccanismi di difesa porta lo spostamento dell'attenzione dallo studio della dimensione biologica del conflitto a quello della dimensione dell'organizzazione strutturale della personalità, dove la regolazione intrapsichica tra Es, Io e Super-Io regola il funzionamento dell'adulto nel suo modo relazionale.
Freud parla prima del meccanismo della rimozione, per poi ampliare la gamma con l'humor, la distorsione, la fantasia, lo spostamento, la repressione e l'isolamento, e inizialmente li considera come meccanismi di difesa dell'Io contro le angosce, successivamente parla di meccanismi di difesa come modalità differenziale di gestire gli affetti.
Freud distingue in rimozione primaria (espelle e tiene lontano qualcosa dalla coscienza) e rimozione secondaria (dove afferma che tutte le rimozioni si producono nella prima infanzia, come difese primitive, e che negli anni successivi non si formano nuove rimozioni, ma l'Io continua ad avvalersi di quelle già esistenti).
Lo scopo dell'analisi è far si che l'Io revisioni queste rimozioni, demolendole completamente o ristrutturandole con materiale più solido in modo che non cedano alle nuove pulsioni.
Secondo una prima ipotesi di Freud, la rimozione di contenuti inaccettabili dalla coscienza da parte dell'Io, induce una trasformazione chimica della libido associata alle rappresentazioni rimosse, determinando così l'insorgenza dell'angoscia, che sarebbe dunque una conseguenza della rimozione, dove i sintomi sono una conseguenza del ritorno del rimosso e un compromesso tra le forze rimoventi e le pulsioni rimosse.
I meccanismi di difesa sono dunque processi di cui si può essere consapevoli, che vengono attivati dalla parte realistica e matura della personalità e che hanno come esito lo sviluppo dell'angoscia (anche se poi Freud sostiene che le persone non sono consapevoli dei propri meccanismi di difesa).
Successivamente Freud propone una seconda ipotesi, affermando che i meccanismi di difesa sono processi attivati dall'Io quando un segnale di angoscia avverte della presenza di un pericolo proveniente dalla realtà esterna, dalle pulsioni dell'Es o dal Super-Io, l'angoscia è dunque la causa e non l'esito delle difese, che sono meccanismi inconsci e discreti che l'Io usa in ottemperanza al principio di piacere per evitare il verificarsi di un trauma.
In questa seconda visione l'attività di pulsione è connessa al principio di coazione a ripetere e non al principio di piacere, e secondo Freud, il trauma avverrebbe a causa dell'eccessivo ed improvviso aumento di energia (proveniente da impulsi sadici e anali), a cui l'Io non riuscirebbe a far fronte (quindi i meccanismi di difesa servono per prevenire il trauma).
Secondo Freud, l'ossessivo non rimuove le rappresentazioni dei desideri infantili inaccettabili, ma le isola da tutte le altre rappresentazioni e dagli affetti originariamente associati, così da rendere poco probabile la loro rievocazione, inoltre l'ossessivo può annullare retroattivamente le azioni che sente associate a desideri colpevoli con azioni di significato opposto, che seguono a ruota le prime.
Alcuni esempi di difese: l'innamorato idealizza il proprio oggetto d'amore, il fobico sposta l'affetto temuto su un oggetto interdetto, il paranoico proietta su un persecutore i suoi impulsi ostili che originariamente erano di natura opposta (desideri omosessuali), nel lutto ci identifichiamo con la persona scomparsa per provare meno dolore, il depresso prova un odio per se stesso che prima provava per la persona perduta con cui si è poi identificato, il masochista trasforma in attività la sua passività diventando sadico, il feticista scinde il proprio Io in una parte che sa dell'assenza del pene nelle donne ed in una che continua a negarla per cui il feticcio è un simbolo di questo pene per metà ritenuto reale e per metà no.
Le proprietà generali delle difese dell'Io sono:
  1. caratterizzano sia i quadri psicopatologici che quelli normali
  2. sono lo strumento principale con cui vengono gestiti gli affetti negativi
  3. sono inconsce
  4. sono discrete l'una rispetto all'altra
  5. possono essere reversibili
  6. possono essere sia adattive che patologiche
  7. quando ripetitive e inattuali, finiscono per preparare e favorire lo scoppio della nevrosi 

Anna Freud: la prima classificazione
Con la Freud si sposta l'interesse dall'Es all'Io, dall'analisi delle pulsioni a quella delle difese, teorizzando meglio l'aspetto adattivo delle difese e la loro relazione con le situazioni esterne.
I lavori importanti della Freud furono il libro L'io e i meccanismi di difesa e L'indice Hampstead, il primo tentativo di standardizzare materiale clinico relativo ai processi difensivi.
L'indice Hampstead cataloga in 2 categorie principali il materiale raccolto nella Hampstead Clinic per il trattamento analitico dei bambini: materiale generale del caso (dati e informazioni relative all'ambiente), materiale psicoanalitico (relazioni oggettuali, materiale pulsionale, fantasie, difese, sintomi, trattamento, ecc...), e si hanno 2 tipi di schede, l'indice del caso (dati del singolo caso) e indice per argomenti (tutti i casi attinenti a determinate voci).
Si distingue in meccanismo di difesa, che indica uno specifico meccanismo operativo, e misura difensiva, che descrive una manifestazione a carattere difensivo nell'ambito della quale non è possibile individuare un meccanismo specifico.
Le schede indicizzate sotto la voce "meccanismi di difesa" contengono: il tipo di difesa usata, se la difesa è impiegata contro angosce specifiche o in senso più generale, il contenuto che genera angoscia da cui ci si difende, un esempio dell'operare della difesa, una valutazione qualitativa (es. eccessiva, occasionale, ecc..), se la difesa è stata usata in una fase particolare del trattamento o nell'intero suo corso.
Questo indice è stato molto criticato dal punto di vista metodologico, a causa della poca certezza della cronologia delle difese, del loro collegamento a situazioni specifiche.
La Freud ha definito infine i criteri di valutazione della difesa: intensità, adeguatezza rispetto all'età, reversibilità, equilibrio tra le difese impiegate.

Joseph Sandler: conversazioni con Anna Freud
Sandler nel suo libro L'analisi delle difese, raccoglie le sue conversazioni con la Freud, parlando in particolar modo della famosa identificazione con l'aggressore, la difesa per cui introiettando un attributo dell'oggetto fonte d'angoscia il soggetto riesce ad assimilare un'esperienza angosciosa.
Sandler individua anche le dinamiche di responsività di ruolo, che si sviluppano durante l'analisi tra il paziente ed il terapeuta, e che sono una sorta di identificazione proiettiva dove il paziente spinge il terapeuta ad adottare atteggiamenti e stili relazionali impersonati da altri in periodi precedenti della vita del paziente.

Wilhelm Reich: la corazza caratteriale
Con l'espressione "corazza caratteriale" Reich si riferisce alle strutture difensive costruite durante l'infanzia e stabilizzate alla fine del complesso edipico per resistere agli insulti dell'esistenza.
Questa corazza, quando è nevroticamente rigida, finisce con l'ostacolare i processi terapeutici di cambiamento e autoconoscenza.
Secondo Reich, il carattere è un meccanismo di protezione narcisistico, lo considera un apparato psichico di protezione dall'angoscia, nato come difesa e compromesso tra le richieste dell'inconscio e quelle del mondo esterno, si sviluppa dal conflitto esistente tra desideri pulsionali e realtà esterna, ma si trasforma in un'armatura più o meno rigida a seconda delle soluzioni date al conflitto.
Secondo Reich l'unico modo per aiutare il paziente non è usare il transfert positivo (come sosteneva Freud), ma analizzare sistematicamente le sue difese.

Gli psicologi dell'Io
Secondo Hartmann, le operazioni difensive sono attuate dall'Io per mezzo di energia aggressiva e non per mezzo di libido sublimata (come sosteneva Freud), e per questo motivo i pazienti reagiscono aggressivamente quando non si ha tatto nell'approcciarsi alle loro difese.
Brenner parla di approccio funzionale all'interpretazione della difesa, e secondo lui ogni movimento dell'Io in grado di produrre una riduzione dell'ansia, di un affetto depressivo o la deviazione della tensione, può essere considerato una difesa.
Secondo Brenner non si può associare alcuna difesa specifica ad un dato livello di patologia o normalità, a differenziare il sano dal malato non è l'uso di una difesa piuttosto che un'altra, ma il modo in cui l'Io ricorre ai meccanismi di difesa.
Quindi l'Io è visto come un organo di adattamento che usa difese per affrontare le richieste del mondo esterno e del mondo pulsionale.
Secondo Schafer, le difese ostacolano l'espressione di contenuti indesiderati, permettendo però l'espressione di impulsi indesiderati, e quindi consentono la gratificazione (concetto di double agents: difese che difendono e contemporaneamente appagano).

Melanie Klein e i contributi post-kleiniani
La Klein si è occupata dei meccanismi primitivi di difesa, ovvero quei meccanismi particolarmente legati agli stati psicotici, sostenendo che le difese non si limitano a difendere l'Io da sentimenti di dolore, ma rappresentano anche principi organizzativi della vita psichica.
Psicotici sono quei meccanismi che vengono usati contro le angosce derivanti dall'istinto di morte, e sono: diniego, scissione, proiezione ed introiezione, identificazione proiettiva, idealizzazione.
La Klein distingue in difese nevrotiche e difese psicotiche, e a differenza della Freud (che era interessata al funzionamento delle difese), la Klein mirava ad individuare il contenuto profondo delle fantasie angosciose.
La Klein distingue in posizione schizoparanoide e posizione depressiva, affermando che praticamente tutti dalla nascita vivono questi conflitti interni, e concentrando lo sviluppo psichico in pochi mesi di vita.

L'identificazione proiettiva
E' un processo fantastico mediante il quale il bambino di pochi mesi mette nel seno della madre le sue feci, la sua urina e parti di sé cattive, che ha scisso dalle altre parti e per mezzo delle quali aggredisce e controlla il suo oggetto.
Così il bambino sente che la madre è gli elementi proiettati da lui, elementi proiettati dentro alla madre per controllarla dall'interno e giungendo all'esperienza dell'oggetto (madre) come parte di sé.
Oltre agli oggetti cattivi si possono proiettare anche quelli buoni, questo perchè: si vuole proteggerli dalle proprie parti interne cattive, si vuole rafforzare un oggetto esterno buono da cui ci si aspetta protezione, si vogliono limitare i danni causati dalla proiezione dell'oggetto cattivo (quindi il senso di identificazione proiettiva varia a seconda se ci si trovi nella posizione schizoparanoide o depressiva).
Secondo Heimann, un terapeuta può dedurre dai propri sentimenti di controtransfert quali sono le caratteristiche delle parti di sé, che il paziente ha collocato in lui tramite l'identificazione proiettiva.
Secondo Bion, il piccolo proietta nel seno della madre le sue sensazioni e emozioni non ancora pensabili (elementi beta) e questa le metabolizza per poi restituirle al piccolo (elementi alpha), le quali aiuteranno il piccolo a capire i beta anche in assenza della madre.
Ogden distingue l'identificazione proiettiva in 3 momenti: proiezione, pressione interpersonale (costringere l'altro a comportarsi in maniera conforme a quanto proiettato, il terzo soggetto) e reinteriorizzazione.
Altri concetti della Klein riguardano la scissione dell'Io, il seno buono e cattivo, gli oggetti parziali e totali, la riparazione e la rabbia.

Otto Kernberg: difese e organizzazione della personalità
Secondo Kernberg, gli affetti giocano un ruolo importante come sistema motivazionale indipendente, egli non considera solo i meccanismi di difesa come conflitto intrapsichico ma anche come parti delle relazioni oggettuali interiorizzate.
Kernberg distingue 3 livelli di gravità di disturbi di personalità: psicotica, borderline e nevrotica.
I pazienti borderline mostrano difese primitive dell'infanzia (ipotesi del continuum della gravità, concezione gerarchica) e anche un transfert primitivo (dove c'è la scissione del Sé), caotico e difficile da capire, che deve essere interpretato usando una precisa terapia (TFP, psicoterapia focalizzata sul transfert).
Secondo Kernberg i 3 criteri strutturali dell'organizzazione della personalità sono: livello di integrazione dell'identità (raggiungimento della costanza d'oggetto vs fissazione a stadi precedenti), meccanismi di difesa, esame di realtà (capacità di differenziare il Sé dal non-Sé e gli stimoli intrapsichici da quelli esterni).
L'organizzazione di personalità psicotica è caratterizzata da diffusione di identità, predominio di operazioni difensive primitive e perdita dell'esame di realtà, mentre i borderline sono caratterizzati dalla diffusione di identità e dal predominio di meccanismi di difesa primitivi (scissione, identificazione proiettiva e diniego).
La differenza tra gli schizoidi ed i borderline, è che i primi sono introversi e applicano il ritiro sociale mentre i secondi hanno temperamento estroverso, ma in entrambi c'è percezione dicotomica di Sé e degli altri, impoverimento delle relazioni interpersonali.
I nevrotici sono quelli messi meno peggio perchè hanno un Io abbastanza forte ed un buon contatto con la realtà, e questa categoria comprende gli isterici, gli ossessivi-compulsivi, i masochisti-depressivi, gli evitanti ed i dipendenti (e il loro meccanismo di difesa più usato è la rimozione).
Abend critica Kernberg affermando che i meccanismi di difesa da lui citati non sono esclusivi dei borderline piuttosto che degli psicotici, ma che le difese borderline possono essere usate anche dai nevrotici, anche se è vero che alcune difese sono più usate di altre a seconda del tipo di disturbo, e secondo lui si può ordinare in ordine cronologico e ontogenetico i meccanismi di difesa, ma è rischioso trarne conclusioni generiche sulla base delle osservazioni cliniche.

Dal modello intrapsichico al modello relazionale
Nel modello relazionale si è passati ad una visione dei meccanismi di difesa nel contesto delle relazioni e dell'influenza ambientale, a differenza della precedente visione del modello intrapsichico dove le pulsioni erano al centro dell'attenzione.

Donanld Winnicott: le difese contro i fallimenti ambientali traumatici
Winnicott differenzia in difese contro gli istinti pulsionali e difese contro i fallimenti ambientali traumatici (che possono generare adattamenti come il falso sé), parlando di madre sufficientemente buona e non, e di oggetti transizionali.
Winnicott individua una lista di agonie primitive con relative difese:
  • ritorno ad uno stato non-integrato (difesa: disintegrazione)
  • cadere per sempre (difesa: autocontenimento)
  • perdita della collusione psico-somatica e fallimento dell'insediamento (difesa: depersonalizzazione)
  • perdita del seno reale (difesa: uso del narcisismo primario)
  • perdita della capacità di relazionarsi con gli oggetti (difesa: stati autistici, relazione limitata a fenomeni interni)
La psicosi è vista da Winnicott, non come un crollo, ma come una organizzazione difensiva riferita ad una agonia primaria, e con il suo pensiero si inizia a pensare alle difese come fenomeni interattivi.

Heinz Kohut: le difese come protezione della fragilità del Sé
Secondo Kohut, i meccanismi di difesa sono soprattutto finalizzati a proteggere la fragilità del Sé, sistemi organizzati fin dall'infanzia contro i fallimenti empatici di oggetti-sé deludenti.
Egli distingue in scissione verticale (o semplice scissione) e scissione orizzontale (rimozione), dove la prima serve per separare il sé infantile che non ha ancora ricevuto risposte positive alle sue prime affermazioni di autonomia dal sé clamorosamente affermativo ma privo di valore, la seconda vuole celare il sé il cui sviluppo è stato bloccato, così da evitare i sentimenti di inferiorità e depressione che accompagnerebbero le sue manifestazioni.
L'aggressività è per Kohut una reazione difensiva al pericolo di frammentazione del sé, che consegue un fallimento empatico dell'oggetto-sé, e secondo la psicologia del sé, l'individuo trasferisce nelle relazioni interpersonali i propri bisogni e le proprie speranze in una esperienza riparatrice (es. idealizzazione).
Secondo Kohut bisogna avere piena consapevolezza dei significati inconsci del transfert, bisogna individuare le difese usate, chiarire come operano e interpretare come e contro cosa operano, e ci vuole un'atmosfera empatica di comprensione perchè i pazienti abbandonino le proprie difese.
Le difese narcisistiche individuate da Kohut sono: idealizzazione, svalutazione e onnipotenza.
Inoltre egli parla di deficit come mancanza di funzioni psichiche di cui si ha bisogno in determinate fasi dello sviluppo, inoltre Kohut parla di strutture psichiche mancanti intese come: strutture primarie (che si sviluppano in relazione alla responsività e alle cure del caregiver), strutture difensive (che colmano i deficit e creano la psicopatologia), strutture compensatorie (che si sviluppano quando il bambino può rivolgersi ad un caregiver sostitutivo).
I disturbi narcisistici nascono dunque dalla sovrapposizione difensiva usata per colmare l'assenza o il crollo di strutture compensatorie poco consolidate.

Arnold Modell: la teoria bipersonale delle difese
Secondo Modell, le difese non sono necessariamente organizzate contro le pulsioni, ad esempio, nel caso di gravi fallimenti empatici del caregiver esse si organizzano contro il rendersi conto di tali fallimenti.
Si tratta di autosufficienza come difesa, di un ripiegamento del sé, con evitamento dell'espressione dei propri bisogni nei confronti degli altri, ad esempio il bozzolo narcisista serve a difendere il soggetto dalla paura della dipendenza e della fusione (si protegge il sé con il non rapporto, con l'illusione dell'autosufficienza).

Psicoanalisi relazionale e intersoggettività: come cambia il concetto di difesa
La psicologia del sé ha favorito lo sviluppo di un approccio psicoanalitico centrato principalmente sullo studio dei processi che reciprocamente coinvolgono e influenzano paziente e terapeuta (intersoggettività).
Le resistenze e le difese ora vengono studiate nel contesto relazionale e Levenson afferma che bisognerebbe parlare di omissione e non di rimozione, dato che il primo è interpersonale mentre il secondo è intrapsichico.
Quindi il terapeuta cerca di capire come opera a livello interpersonale e relazionale il paziente, non studia solo la vita fantastica di questi, e distingue in fattori di tratto (aspetti stabili della difesa che si mostrano in molte situazioni interpersonali) e fattori di stato (aspetti specifici ed unici di ciascuna diade interpersonale).

John Bowlby: la teoria dell'attaccamento
Bowlby vede le difese come un fenomeno prevalentemente ambientale e interpersonale, e le considera come strategie cognitive fondate sull'esperienza affettiva.
La Fraiberg ha individuato i comportamenti difensivi adottati da neonati e bambini deprivati sono: evitamento della madre,  freezing (congelamento), fighting (lotta, attacco come difesa), trasfomazioni affettive, reversal (ribaltamento, rivolgersi contro di sé).
Sono stati fatti diversi studi su come i bambini affrontano lo stress della separazione, come quelli della Main, individuando lo stile di attaccamento disorganizzato (che deriva dal provare come spaventosa la figura di attaccamento a causa di abusi o maltrattamenti, figura vista come motivo e risoluzione dell'allarme).
Fonagy considera i modelli di attaccamento come meccanismi di difesa messi in atto dal bambino per affrontare gli stili di interazione delle figure di accudimento.
Inizialmente gli eventi mentali sono equivalenti al mondo fisico, successivamente il bambino acquisisce la capacità di fare finta, impara ad usare il pensiero simbolico.
Il bambino abusato o maltrattato ha la funzione riflessiva indebolita, perchè il riconoscere lo stato mentale di un altro che prova intensi sentimenti negativi nei suoi confronti, risulta pericoloso per lo sviluppo del sé, ed il significato degli stati intenzionali viene quindi distorto o negato.

I meccanismi di difesa nel terreno clinico comune
Lo studio e la valutazione dei meccanismi di difesa offre l'opportunità di riconciliare ed integrare i modelli teorici con le osservazioni empiriche.


Il modello gerarchico


Anna Freud è stata una delle prime ad affermare che le difese hanno un ordine cronologico e che stabiliscono relazioni con altre funzioni dell'Io e si orientano in senso patologico se vengono usate prima dell'età giusta o se vengono mantenute tropo a lungo dopo essa.
Una prospettiva evolutiva delle difese è stata affrontata da George Vaillant, il quale afferma che la comparsa di una difesa presa in modo isolato non è mai di per sé patognomonica di una determinata condizione diagnostica.
Nel modello di organizzazione gerarchica di Gedo e Goldberg la progressiva strutturazione dello sviluppo conduce verso una vita mentale sempre più complessa, dove meccanismi specifici sono predominanti in alcune fasi dello sviluppo (e cmq non nascono da zero, ma sono meccanismi che esistono già e che prima non venivano usati come difesa) e successivamente lasciano spazio ad altri meccanismi, anche se possono essere richiamati nuovamente se necessario (e i meccanismi possono mutare funzione per adattarsi ai nuovi compiti).
Secondo questi autori la prima difesa tipica che si incontra è la rimozione primaria (per far fronte alla stimolazione eccessiva di prima infanzia), ci sono poi la proiezione, l'introiezione, il diniego, la rinuncia.
Alcuni autori classificano le difese lungo un continuum di maturità-immaturità, definendo immature le difese che appartengono ai primi anni di vita e mature quelle che caratterizzano gli stadi successivi.
Diversi autori sostengono che le difese evolvano durante il processo evolutivo, per via della maturazione cognitiva legata allo sviluppo, mentre secondo Glover si ha una risposta al trauma piuttosto che una difesa come risposta al conflitto interno, e secondo lui il controinvestimento della rimozione non è una difesa vera e propria, ma il risultato dell'incapacità di erigere attivamente le difese.
Laughlin classifica le difese in low order (primitive e quasi magiche, sono l'incorporazione, la rimozione primaria e il diniego) e higher order (operanti in modo più complesso, compaiono con lo sviluppo e sono la razionalizzazione, la proiezione e l'identificazione).
Si può anche dire che una difesa può essere considerata immatura per un adulto ma non per un bambino, e cmq individui della stessa età possono usare lo stesso diverse difese prese da qualsiasi livello della gerarchia.
Il modello gerarchico:

  • implica una base di riferimento che non può essere costruita dalla sola linea temporale, ma anche dal grado di complessità, maturità, distorsione della realtà, ecc...
  • può anche implicare una stratificazione delle difese (alcune più profonde, altre più superficiali)
  • può affiancare un modello cronologico
Vaillant nella sua prospettiva gerarchica usa la dimensione temporale per costruire una gerarchia di difese basata sul livello di maturità, a sua volta legato al livello della patologia (quindi si ha un continuum che esprime 2 dimensioni diverse correlate: immaturità-maturità e psicopatologia-salute mentale), anche se questo modello è stato criticato da chi afferma che le difese non sono né mature né immature.
L'uso della difesa è determinato sia dal livello evolutivo del bambino sia dalla complessità cognitiva di quella difesa, inoltre sulla frequenza d'uso della difesa influisce il genere del soggetto.
Valestein ipotizza che le difese precoci sono vicine alle funzioni biologiche mentre quelle tardive hanno più a che fare con dimensioni sociali, inoltre alcuni studi hanno dimostrato che l'uso di diniego, proiezione e spostamento sono correlati con uno sviluppo carente dell'Io di chi le usa, mentre chi ha un Io ben sviluppato usa di più ascetismo, sublimazione e intellettualizzazione (quindi c'è correlazione tra stadi di maggior sviluppo dell'Io e uso di meccanismi di difesa maturi).
Inoltre, il diniego viene usato da individui con QI più basso, e secondo Spitz, il ruolo della madre è fondamentale nei processi che guidano i passaggi da forme primitive a forme più evolute di difese.
Si può dunque tracciare la storia evolutiva di ogni singola difesa e all'interno di questa storia possiamo poi trovare forme più precoci e più tardive della stessa difesa.
Le difese possono essere raggruppate sulla base di affinità concettuali, correlazioni empiriche, e per la loro capacità predittiva di altre caratteristiche, come il funzionamento globale del soggetto o la risposta al trattamento.


Adattamento: difese e coping


L'abilità di coping consiste nelle abilità e le strategie usate dall'individuo per far fronte agli eventi stressanti, considerati in una visione adattiva come sfide o circostanze da governare attraverso l'uso del pensiero o degli strumenti psicologici e sociali a disposizione.
Le tre risposte possibili adattive sono: defense (risposte riflesse associate a situazioni di pericolo-salvezza), mastery (capacità di affrontare i propri stati e processi psicologici come problemi da risolvere), coping (sviluppo di manovre strategiche e comportamenti efficaci per affrontare situazioni difficili e insolite).
Ci sono 3 ipotesi sulla relazione tra meccanismi di difesa e di coping:

  1. L'Io è provvisto di meccanismi di base per risolvere i grandi problemi della vita, che possono servire sia a scopo adattivo che difensivo, e quindi le strategie di coping rappresentano il modello normativo usato in circostanze normali e quindi adattivo (mentre in caso di eccessivo stress vengono usate le non normative)
  2. Le difese patologiche sono normali processi d'adattamento andati male
  3. Le difese sono sempre presenti e non necessariamente patologiche, però, dal momento che interferiscono con il test di realtà e indeboliscono l'Io, tendono a favorire l'espressione di quadri psicopatologici.
Nel modello dell'autoregolazione di Carver e Scheier, le strategie di coping corrispondono a sforzi di autoregolazione nei momenti difficili, dove l'efficacia dei comportamenti messi in atto ne determina il valore adattivo e l'eventuale disfunzione del processo è interpretata in termini di insuccesso del meccanismo di autoregolazione piuttosto che di difese più o meno patologiche.
Per autoregolazione si intende l'insieme dei processi di feedback che direziona il comportamento al fine di realizzare gli obiettivi prefissati, il tutto schematizzabile nell'integrazione circolare di 4 elementi: stimolo o input, valore di riferimento, sistema di comparazione, output o comportamento.
Secondo questi autori, conoscere una persona significa conoscerne gli obiettivi.
Esistono 3 classi di coping:
  1. coping focalizzato sul problema: l'insieme dei tentativi di rimuovere l'ostacolo o minimizzare l'impatto
  2. coping focalizzato sulle emozioni: l'insieme dei tentativi per ridurre la sofferenza emotiva causata dalle avversità
  3. coping di evitamento: l'insieme delle risposte finalizzate a evitare la consapevolezza dell'ostacolo o a bloccare qualsiasi tentativo di affrontare il problema
La scelta tra queste strategie di coping dipende dalle situazioni, dalle aspettative individuali e dall'atteggiamento generale considerato secondo le dimensioni pessimismo-ottimismo.
Secondo questi autori, alcuni possibili esiti possono essere:
  • misregulation: funzionamento inadeguato di una qualsiasi delle componenti del processo di feedback (quindi si agisce sulla base di informazioni sbagliate e lo stress deriva dalle conseguenze di queste azioni che non vengono riconosciute come proprie)
  • conflitto tra obiettivi: il desiderio di raggiungere più obiettivi contemporaneamente può creare stress e si può decidere di ridurre lo stress alternando gli obiettivi o scegliendo quali perseguire, scartandone alcuni, riorganizzando la gerarchia personale dei valori
  • dubbi automatici: dubbi che nascono a causa di precedenti ripetuti fallimenti, che possono portare ad arrendersi facilmente
  • interruzione prematura dello sforzo: i dubbi possono indurre al ridimensionamento degli obiettivi o il loro completo abbandono
  • incapacità di sostituire o abbandonare mete irrealizzabili
E' cmq certo difficile stabilire i precisi confini tra le difese ed il coping e Cramer suggerisce di adottare il termine processo adattivo in riferimento a qualsiasi risposta alle avversità.
La risposta di coping servirebbe per: ridurre l'effetto negativo, tornare il più velocemente possibile al funzionamento base, affrontare o risolvere il problema.
I meccanismi di difesa invece servono per: evitare ansia eccessiva o altre risposte emotive dirompenti, restaurare un livello di funzionamento confortevole.
Secondo Cramer il rapporto tra coping e meccanismi di difesa sono analizzati secondo 5 criteri:
  1. processi consci vs processi inconsci: il grado di consapevolezza della strategia messa in atto è ciò che più differenzia il coping dai meccanismi di difesa (coping = conscio)
  2. intenzionalità: il coping prevede decisioni razionali ed atti intenzionali mentre i meccanismi di difesa non sono frutto di una scelta e sono involontari (anche se le difese di alto livello come la repressione, che se considerata difesa pone il dubbio delle decisioni semiconscie)
  3. concettualizzazione gerarchica delle difese: non sembra ci sia interesse nell'ordinare gerarchicamente le capacità di coping, anche se alcuni autori hanno proposto una gerarchia verticale divisa in coping di livello inferiore (caratterizzato da manifestazioni emotive poco controllate), coping di livello intermedio (strategie usate in modo continuativo e quasi automatico), coping di livello superiore (manifestazioni atte a ridurre lo stress), inoltre alcuni autori parlano di differenziare il coping in base all'età cronologica
  4. costrutti disposizionali o situazionali: il concetto di meccanismo di difesa è disposizionale (stile difensivo come caratteristica individuale stabile e persistente), il coping invece dipende dalla situazione, anche se cmq è stato dimostrato che c'è l'influenza dei tratti di personalità anche nel coping
  5. normalità vs patologia: difese viste come patologiche e coping visto come la normalità, anche se è stato dimostrato che le difese possono essere adattive e non sempre patologiche
Alcuni autori affermano che le difese sono usate per fronteggiare gli impulsi, mentre il coping viene usato per fronteggiare la realtà, inoltre, non sempre le strategie di coping si associano ad effetti positivi (ad esempio il coping focalizzato sulle emozioni può portare a comportamenti disadattivi), e la divisione normale/patologico dipende dal tipo di meccanismo usato, dalla persistenza della risposta nel tempo e dalla frequenza con cui si ricorre a tale comportamento, indipendentemente che esso sia una difesa o una strategia di coping.


Osservazioni sul concetto di resistenza


Le resistenze hanno lo scopo di mantenere l'equilibrio, e secondo Freud la resistenza è qualsiasi cosa intralci la prosecuzione del lavoro analitico.
I transfert servono da resistenza all'accesso al materiale più profondo in terapia, ed ogni difficoltà che il paziente incontra durante la terapia può essere considerata una resistenza.
Le resistenze sono osservabili mentre le difese no, ma possono essere dedotte dalla resistenza stessa, della quale costituiscono la base psichica.
Secondo Kohut, la resistenza è il trasferimento dell'attività difensiva interiore del paziente alla situazione analitica stessa.
Freud afferma che i meccanismi di difesa contro i pericoli del passato ritornano nella cura sotto forma di resistenze e che quindi la stessa guarigione è trattata dall'Io come un nuovo pericolo, inoltre egli individua 3 forme di resistenza: inibizione, sintomo, angoscia.
C'è poi:

  • resistenza di rimozione (resistenza tramite regressione, isolamento, proiezione, interiorizzazione, annullamento retroattivo, rivolgimento contro se stessi, trasformazione nel contrario, sublimazione, formazione reattiva)
  • resistenza di transfert (resistenza contro il diventare consapevole dell'esistenza del transfert, resistenza contro la riduzione dinamica e genetica del transfert, interiorizzazione della complessiva esperienza transferale nell'Io del paziente)
  • resistenza da vantaggi secondari (resistenza dell'Io che proviene dal tornaconto della malattia)
  • resistenza dell'Es (resistenza tramite transfert negativo ed erotizzato)
  • resistenza del Super-Io (resistenza tramite relazione terapeutica negativa)
Gli atteggiamenti del terapeuta che risultano positivi per l'instaurarsi dell'alleanza sono: le difese del paziente, le sue aspettative di colpa e punizione, i suoi sentimenti problematici in relazione al terapeuta.
Etchegoyen ha individuato 5 forme di resistenza: passaggio all'atto, reazione terapeutica negativa, rovesciamento di prospettiva, fraintendimento e stallo terapeutico.
La resistenza d'identità consiste nella paura che l'analista inavvertitamente o deliberatamente possa distruggere il nucleo indebolito dell'identità del paziente, imponendogli invece la propria, così il paziente insiste che il terapeuta accetti la sua identità negativa come reale e necessaria.
Oggi si pensa alle resistenze come funzioni regolatrici della relazione terapeutica, un approccio che allontana dal modello intrapsichico ed avvicina a quello interpersonale, dove è importante la relazione di transfert (inteso come tutto ciò che il paziente porta nella relazione e resistenza, ed è parte del processo terapeutico).


Processo diagnostico e valutazione dei meccanismi di difesa


Skodol e Perry hanno proposto di includere i meccanismi di difesa nel processo diagnostico standardizzato, così nel DSM-IV è stata inserita una scala del funzionamento difensivo gerarchicamente organizzata in 7 livelli, comprende una sorta di asse del funzionamento difensivo ed un glossario dei meccanismi di difesa e degli stili di coping.
I meccanismi di difesa vengono divisi in gruppi affini concettualmente detti livelli difensivi, inoltre, per usare questa scala il clinico dovrebbe elencare fino a 7 degli stili di difesa specifici (partendo dal più rilevante) e quindi indicare il livello difensivo predominante osservabile nel paziente (andrebbe anche integrato di tutte le informazioni disponibili circa le modalità di difesa usate dal soggetto nel periodo precedente all'osservazione).
I livelli difensivi e i singoli meccanismi di difesa del Defensive Functioning Scale del DSM-IV sono:

  1. Livello della disregolazione difensiva: caratterizzato dal fallimento dell'organizzazione difensiva usata per contenere le reazioni del soggetto agli stress, che porta ad una netta frattura con la realtà oggettiva  (es. distorsione psicotica, negazione psicotica, proiezione delirante)
  2. Livello dell'azione: caratterizzato da un tipo di funzionamento difensivo che affronta i fattori stressanti interni o esterni usando l'azione o il ritiro da essa (es. acting out, aggressione passiva, lamentarsi ma rifiutare l'aiuto, ritiro apatico)
  3. Livello maggiore di distorsione dell'immagine: caratterizzato dalla grossolana distorsione o dall'attribuzione erronea dell'immagine di sé o di altri (es. fantasie autistiche, identificazione proiettiva, scissione dell'immagine di sé o degli altri)
  4. Livello del disconoscimento: caratterizzato dall'esclusione dalla coscienza di fattori stressanti, impulsi, affetti, idee o responsabilità spiacevoli o inaccettabili, con o senza l'attribuzione erronea di questi a cause esterne (es. negazione, proiezione, razionalizzazione)
  5. Livello minore di distorsione dell'immagine: caratterizzato da distorsioni nell'immagine di sé, del proprio corpo o degli altri, che vengono usate per modulare l'autostima (es. idealizzazione, onnipotenza, svalutazione)
  6. Livello delle inibizioni mentali (formazioni di compromesso): caratterizzato dal mantenimento fuori dalla coscienza delle idee, dei sentimenti, dei ricordi, dei desideri o delle paure potenzialmente pericolose (es. annullamento, dissociazione, formazione reattiva, intellettualizzazione, isolamento dell'affetto, rimozione, spostamento)
  7. Livello altamente adattivo: consente un adattamento ottimale nella gestione dei fattori stressanti, queste difese consentono la massima gratificazione e permettono di rendersi consapevolmente conto dei sentimenti, delle idee e delle loro conseguenze (es. affiliazione, altruismo, anticipazione, autoaffermazione, autoosservazione, humor, repressione, sublimazione)
Vaillant con i suoi studi ha documentato le correlazioni tra meccanismi di difesa e livello di salute mentale, tramite il Global Mental Health, misurato su scala 1-100, trovando per alcuni disturbi i meccanismi di difesa più usati.
Secondo Vaillant e Drake, l'identificazione delle difese è importante per la diagnosi e il trattamento clinico, e anche per la comprensione clinica dei diversi livelli di vulnerabilità infantile al trauma e agli insulti ambientali.
Secondo Brenner, è il sintomo, non il paziente, ad essere caratterizzato da una determinata difesa, sembra inoltre che esistano stili difensivi individuali e duraturi, e che non sempre ci sia una relazione specifica tra diagnosi e difesa.
Vaillant e Bond hanno affermato che le difese si riferiscono ad un aspetto del funzionamento umano indipendente da quello indicato dalla diagnosi, e che né lo stile difensivo predice la categoria diagnostica, né la diagnosi predice lo stile difensivo.
La difesa si riferisce ad una modalità particolare di affrontare il conflitto e lo stress, mentre la diagnosi riflette una costellazione di sintomi e segni.
Quindi, diagnosi e meccanismi di difesa non sono sinonimi, lo stile difensivo di un soggetto riflette il suo livello generale di adattamento, ma anche alcuni degli aspetti dinamicamente più salienti della configurazione diagnostica.
Secondo Perry, gli individui tendono ad usare le stesse difese nel tempo.


Dalla teoria clinica alla valutazione empirica


I meccanismi di difesa sono processi inconsci inferiti, che mediano tra impulsi, desideri, affetti, da un lato e proibizioni interiorizzate e/o la realtà esterna, dall'altro.
Cmq, non sempre i comportamenti possono essere ricondotti a sottostanti meccanismi difensivi, inoltre, le varie definizioni di difesa devono rispettare sia gli aspetti osservabili rilevanti, sia le regole che permettono di inferire come tali dati osservabili possono portarci alla conclusione che una determinata difesa è in atto.
La Defense Mechanism Rating Scale di Perry, consente di riconoscere i meccanismi di difesa mentre si svolge un colloquio o si legge la trascrizione di una seduta.
I meccanismi di difesa sono i sentimenti, i pensieri o i comportamenti tendenzialmente involontari, che sorgono in risposta a percezioni di pericolo e sono finalizzati, in modo più o meno adattivo, a nascondere o alleviare i conflitti o gli agenti stressanti che danno origine ad ansietà o angoscia.
L'adattività di una difesa è in funzione della sua rigidità, intensità e del contesto in cui questa si esprime.
Le principali caratteristiche dei meccanismi di difesa sono:

  • sono una risposta individuale per alleviare o eliminare le situazioni di conflitto o stress
  • sono lo strumento preferenziale con cui il soggetto gestisce gli istinti e gli affetti
  • generalmente sono automatici
  • caratterizzano i maggiori quadri psicopatologici
  • possono essere classificati in modo gerarchico, lungo un continuum adattamento-disadattamento
  • tendono a specializzarsi nei diversi individui, con l'uso delle stesse difese nelle stesse situazioni
La ricerca empirica ha senso se è capace di riconoscere e rispettare i livelli di complessità della realtà.
Ad un primo livello si hanno concetti come le diagnosi o gli stadi dello sviluppo, ad un livello intermedio si hanno le componenti o le dimensioni che danno origine alle categorie più ampie del primo livello, ad un terzo ed ultimo livello si hanno i microprocessi, aspetti più specifici come determinati comportamenti, atteggiamenti.
Si pensa che lo studio dei meccanismi di difesa appartenga al livello intermedio.

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