La capacità della madre di contenere o meno il figlio può fornire
indicazioni che riguardano gli atteggiamenti e le reazioni del figlio.
Dalla valutazione della capacità di contenimento materna, gli operatori
traggono indizi significativi rispetto alle difficoltà o facilitazioni
alle quali andranno incontro nella relazione con quel particolare
paziente.
Funzioni del genitore e funzioni genitoriali dell'operatore
La genitorialità psichica consiste nello sviluppo individuale e
di coppia, che consente di accedere ad una genitorialità non solo
fisiologica ma anche psicologica.
Questo lavoro implica processi di regressione atti a favorire una
profonda identificazione con i bisogni del bambino e lo sviluppo di
qualità e funzioni necessarie a provvedere a tali bisogni.
E' importante che la madre possieda un bagaglio di buone esperienze
interne maturate con la propria madre e con altre figure significative,
ma anche la capacità osservare, riflettere ed apprendere dai propri
errori.
L'operatore può instaurare una buona relazione con il bambino solo se
assume come punto di partenza la non ovvietà di questa relazione
madre-bambino e ne fa dunque oggetto d'indagine.
La funzione di contenimento nella relazione madre-bambino
L'origine del concetto contenimento risale alla Klein mentre il termine è stato introdotto da Bion.
Secondo Bion, la madre svolge nei confronti del bambino una
funzione che è fondamentale per la sua sopravvivenza fisica e psichica, e
per la sua crescita fisica e sviluppo mentale.
Quando il bambino piange e la madre risponde calmandolo (parlandogli,
cullandolo, nutrendolo, ecc...), accoglie dentro di sé il malessere del
piccolo, facendolo proprio ma non venendone sommersa, elaborandolo in
modo da poter rispondere in maniera specifica al piccolo.
L'introiezione della funzione di contenimento da parte dei piccolo
Secondo Bion, la madre riesce a svolgere questa funzione se si trova in una condizione psichica specifica (rverie),
uno stato mentale di calma recettività e di apertura alle comunicazioni
del bambino, che le consente di accoglierle e dargli un significato.
L'esperienza di continua evacuazione nella madre delle proprie ansie per
il bambino, gli consente col tempo di introiettare, assimilare, far
propria la stessa funzione contenente della madre, ed il bambino che non
riesce ad acquisire questa capacità interna, rischia di andare a pezzi,
di cadere in preda al panico, alla rabbia, alla gelosia.
Il bambino può dunque scaricare subito nell'atto impulsivo tali brutti
sentimenti, o somatizzarli o difendersene rigidamente, attraverso la
negazione, l'isolamento affettivo o altri meccanismi di difesa.
In generale, la presenza di un adulto attento, comprensivo e sensibile
può evitare l'instaurarsi di processi disfunzionali ed aiutare il
bambino a riconoscere, condividere e alleviare la sua ansia.
Fallimenti nella capacità di contenimento
Situazioni ripetute di indisponibilità o incapacità nello svolgere la
funzione di contenitore da parte del genitore, possono far restituire il
malessere al bambino, non solo non modificato, ma addirittura
peggiorato, spogliato di senso e di speranza (la speranza inconsciamente
accompagna ogni tentativo di questo tipo di comunicazione del bambino).
Alcune madri sono impermeabili, sono dei muri di gomma ed il bambino,
nel disperato tentativo di farsi notare, può alzare il tiro,
intensificando la frequenza e l'intensità delle sue espressioni di
disagio.
Le cause dell'indisponibilità delle madri possono essere molteplici:
- la madre è presa ed occupata mentalmente da altre preoccupazioni
- la madre può offrire contenimento al piccolo solo se lei stessa ne ha beneficiato da sua madre (per questo la deprivazione affettiva può essere ciclica generazionale)
- la madre deve identificarsi nel piccolo ma standone alla dovuta distanza, in modo da non farsi travolgere troppo da certi brutti sentimenti
- il bambino può presentare bisogni e richieste particolari difficilmente soddisfabili
La funzione di contenimento nella relazione terapeutica
Il concetto di contenimento viene anche usato nella situazione analitica, dove il terapeuta trasforma le sensazioni e i sentimenti informi, confusi, disturbati del paziente in emozioni che hanno un senso e un nome.
A differenza che con la madre, lo scambio con il terapeuta avviene solo a livello simbolico (no abbracci, ecc...) ed il tramite principale di cui dispone il terapeuta per veicolare la sua comprensione dello stato del paziente, è il linguaggio.
Il terapeuta assorbe dunque i sentimenti del paziente e glieli restituisce interpretati, in modo da alleviare il malessere del paziente.
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