mercoledì 22 giugno 2016

Tecniche del colloquio (14/16): Integrazione e comunicazione degli elementi diagnostici

Qualsiasi processo diagnostico implica una attività di integrazione: i dati su cui esso si basa, anche ottenuti con un solo colloquio, devono essere raccolti, organizzati e resi confrontabili tramite un insieme articolato di operazioni.


Integrazione


Consiste nel confronto e nell'attribuzione di un significato o di un fine comune ad un insieme di elementi che possono anche apparire tra loro diversi (o addirittura in contraddizione).
Un integrazione terapeutica può consistere ad esempio in un trattamento concordato tra farmacologo e psicoterapeuta.
Gli elementi fondamentali per l'integrazione sono 2:

  1. la reciproca autonomia degli elementi
  2. la possibilità che le variabili sottoposte al processo di integrazione siano tra loro confrontabili e quindi integrabili 

Integrazione tra vari strumenti


Il clinico deve imparare ad usare più batterie di test, perchè usandone una sola si atterrebbe solo al modello teorico di riferimento della batteria selezionata.
Di solito in clinica, la batteria di test include un test per la misurazione del livello mentale (WAIS, WISC, ETA, BETA, matrici progressive di Raven, ecc...) e uno o più test proiettivi (Rorschach, TAT, ORT, Blacky pictures, ecc...), o al posto del test proiettivo può essere usato un questionario di personalità (es. MMPI) o una rating scales.
In generale, il confronto tra più test può portare a dati interessanti, non ottenibili dal singolo test.
La batteria si sceglie in base a 2 criteri: la necessità di avere una misurazione il più possibile globale delle funzioni del soggetto, e la somministrazione di test specifici mirati ad indagare alcune aree particolari e scelti in base ai quesiti sorti.


Di solito lo psichiatra fa il colloquio e lo psicologo somministra i test, tuttavia di solito, test e colloquio sono considerati strumenti indispensabili per una elaborazione diagnostica corretta.
Il test è uno strumento più oggettivo, mentre il colloquio è una modalità più relazionale, tuttavia ad esempio, un cattivo esito al test di Rorshach può indicare una regressione disorganizzata e quindi può essere sconsigliato un trattamento di tipo psicoanalitico.
Quando da test e colloquio escono dati discordanti tra di loro, occorre un processo di integrazione che li chiarisca entrambi.


Comunicazione della diagnosi


In caso di team di lavoro, un'organizzazione gerarchica è sconsigliata, si dovrebbero avere operatori che si occupano di diverse mansioni, tutti affidabili e competenti, ed eventualmente si può avere la figura di un supervisore neutrale.
Il lavoro d'equipe è cmq raro, di solito c'è un solo professionista che eventualmente chiede ad un altro tecnico di indagare su altre aree di sua competenza, per un approfondimento diagnostico.
I problemi di integrazione tra tecnici possono essere dovuti a:

  • uso linguaggi differenti
  • l'ambivalenza degli psichiatri che sono abituati ad avere un ruolo troppo centrale nell'equipe
  • la necessità che l'inviante chieda un parere senza dare alcuna informazione preliminare
  • la formalità della comunicazione
  • i test vengono paragonati ai raggi x dell'inconscio, e solo il testista conosce il significato dei dati di base da cui parte l'elaborazione
  • spesso l'inviante ha aspettative eccessive rispetto alle vere potenzialità dei test
  • i due professionisti dovrebbero capire cosa uno si aspetti dall'altro
  • qualsiasi incomprensione che nasce tra un inviante ed un diagnosta deve essere considerata come un ulteriore elemento diagnostico
Anche il paziente dovrebbe essere coinvolto attivamente nel processo diagnostico e partecipare alla sua conclusione come supervisore.
Di solito si ha paura di comunicare al paziente l'esito della diagnosi, per paura di spaventarlo, e negli USA è stato cmq riconosciuto il diritto ai pazienti di sapere sempre l'esito della diagnosi.

L'effetto Barnum della diagnosi si ha quando le ricerche restituiscono diagnosi false, contenenti affermazioni universali, valide per tutti gli individui.

In linea di massima occorre cmq prudenza nella restituzione della diagnosi al paziente, perchè ci possono essere effetti di intellettualizzazione o resistenze (magari dovute alle troppe informazioni ricevute tutte assieme senza il tempo necessario di assimilarle), ed è anche difficile spesso esporre una diagnosi che non risulti offensiva.
La restituzione rende il partecipante un soggetto attivo e quindi non va fatta da altre persone all'infuori del clinico.
La restituzione aumenta la fiducia reciproca e l'alleanza di lavoro tra paziente e clinico, può avere un valore terapeutico e facilitare l'inizio del trattamento, può ridurre l'urgenza di avere subito un trattamento.
Bisogna evitare linguaggi tecnici complicati durante la restituzione e non essere lo stesso troppo generici.
Bisogna inoltre scegliere il momento giusto e valutare cmq se è il caso di fare la restituzione (è sconsigliata per gli psicotici depressi gravi).

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