Quando accade qualcosa di imprevisto, spesso si prova fastidio e si
cerca di darne una spiegazione, infatti, la maggior parte degli
interrogativi causali sono causati da eventi inaspettati o indesiderati.
Percezione ed attribuzione causale
Le persone sono abbastanza riluttanti ad accettare il fatto che alcuni eventi non sono riconducibili ad una causa apparente, e tendono quindi a ricercare pattern causali nel comportamento, e ciò può portare alla causalità infierita anche quando questa non esiste (esempio delle punizioni ai piloti che vengono considerate causa di miglioramento successivo senza che si consideri il miglioramento dovuto alla media statistica).
La correlazione illusoria è quella credenza secondo cui 2 variabili sono correlate, quando in realtà non lo sono.
Le correlazioni illusorie dovute alla regressione della media sono abbastanza diffuse, ad esempio molti medici tendono a considerare efficaci le loro cure solo perchè dopo di esse i pazienti tendono a dimostrare un certo miglioramento.
Le persone tendono ad individuare relazioni di tipo causale anche quando non ci sono, rilevando la presenza di sistematicità in comportamenti aleatori e ascrivendola a processi causali.
Contiguità e similarità nella percezione causale
Michotte ha esaminato i fattori che possono influenzare la percezione di causalità in un esperimento dove venivano presentate delle figure che sembravano muoversi l'una verso l'altra, entrando in collisione, i cui risultati hanno mostrato il ruolo della contiguità spazio-temporale nella percezione della causalità.
Hume ha rilevato che la similarità tra causa ed effetto consente di vedere relazioni causali, e ad esempio, una persona cattiva è vista come responsabile di azioni cattive, e in questi casi, attore e azione sembrano essere percepiti come parti di un'unità psicologica.
Taylor e Jaggi hanno studiato gli intergruppi, affermando che le azioni positive delle persone che fanno parte del gruppo di appartenenza (ingroup) tendono ad essere attribuite a qualità personali dell'attore, mentre quelle negative tendono ad essere attribuite ai fattori esterni, invece in caso di azioni positive di persone di un altro gruppo (outgroup), esse sono attribuite a fattori esterni, mentre le loro azioni negative a fattori interni al gruppo stesso.
Sembra inoltre che ci sia maggiore propensione a percepire relazioni di causalità tra eventi, se questi accadono contemporaneamente, e se causa ed effetto sono simili, e ci sono minori probabilità di percepire relazioni causali tra eventi distanziati nel tempo.
E' inoltre improbabile che le persone individuino correlazioni reali, se queste non corrispondono a credenze preesistenti.
Covariazione e attribuzione causale per il comportamento sociale
Le persone tentano sempre di dare un senso al proprio comportamento e a quello altrui.
Harold Kelley ha sviluppato il modello ANOVA, secondo cui le persone analizzano le cause proprio come fanno gli scienziati, usando l'analisi della varianza.
Le persone comuni analizzerebbero il comportamento sociale come farebbe uno psicologo sociale, considerando separatamente i fattori personali ed ambientali che determinano il comportamento, facendo la distinzione tra cause interne (personali) e cause esterne (situazionali) del comportamento.
Secondo Kelley, la causa è quella condizione che è presente quando è presente l'effetto, e che è assente quando è assente l'effetto.
La distintività riguarda l'informazione relativa allo stimolo che produce il comportamento da spiegare.
Applicando il metodo della differenza di Mill, si attribuisce la causa al fattore la cui presenza crea o meno una differenza rispetto all'evento, dove un basso consenso induce ad attribuzioni alla persona, una distintività elevata ad attribuzioni allo stimolo, e una bassa coerenza ad attribuzioni all'occasione.
Biases nel processo attributivo
I processi attributivi spesso sono soggetti a bias (errori), eccone alcuni:
- Errore fondamentale di attribuzione (Ross): le persone
tendono a sottostimare l'effetto del contesto sul comportamento umano e
ad attribuire un peso eccessivo alle caratteristiche personali
dell'autore del comportamento (dimostrato in un esperimento di Ross dove
i soggetti giudicano i conduttori molto più preparati dei concorrenti,
anche se si tratta di comparse senza preparazione che interpretano da
poco quei ruoli).
Le caratteristiche personali vengono sovrastimate se i soggetti vengono distratti, la poca attenzione quindi è causa di poca considerazione dei fattori situazionali. - Bias al servizio di sè (successo ed insuccesso): si ha la tendenza ad attribuire, in caso di successo, i meriti alle proprie capacità personali, e in caso di insuccesso si da la colpa a fattori situazionali.
- Differenze attore-osservatore nell'attribuzione causale: gli attori tendono ad ascrivere il proprio comportamento a caratteristiche contestuali, mentre quello altrui, a fattori personali.
- Differenze culturali nella spiegazione degli eventi: alcune ricerche hanno dimostrato che c'è una maggiore tendenza all'attribuzione esterna nelle società di tipo collettivistico, rispetto a quelle individualistiche.
- Differenze ideologiche nella spiegazione dei fenomeni sociali: sembra che i simpatizzanti della destra tendano ad ascrivere varie forme di disagio e devianza sociale a fattori interni (es. debolezza personale), mentre i simpatizzanti della sinistra, a fattori esterni (es. circostanze sfavorevoli).
Come ridurre gli errori nelle attribuzioni
Secondo alcuni studi, all'origine di ogni evento ci sono diverse condizioni necessarie (contesti causali), ciascuna delle quali indispensabile per il verificarsi dell'avvenimento stesso.
In generale: un basso consenso (poche persone che si comportano in un certo modo) rende anormale la persona bersaglio, una distintività elevata (la persona si comporta così solo in presenza di pochi stimoli) rende anormale lo stimolo bersaglio, una bassa coerenza (in altre occasioni la persona non si è comportata così in presenza dello stimolo) rende anormale l'occasione bersaglio.
McGill ha ipotizzato che le asimmetrie attore-osservatore sono ascrivibili all'assunzione di casi di contrasto diversi, ad esempio, una persona che si aspetta di riuscire in un compito, attribuisce il suo successo a fattori interni (pensando che in pochi ci sarebbero riusciti), mentre persone con basse aspettative attribuiscono l'esito al compito stesso, a causa nelle scarse aspettative riposte nelle proprie capacità di risolvere il compito.
Inoltre è stato dimostrato che le persone, quando devono fornire spiegazioni, sono influenzate dal punto di vista dell'interlocutore, ed esperimenti hanno dimostrato che quando si deve fornire una spiegazione, si tende ad identificare la condizione che risulta anormale dal punto di vista dell'interlocutore.
Giudizio di contingenza e induzione causale
Il modello ANOVA di Kelley mostra come la logica della covariazione può essere usata per l'analisi di particolari comportamenti, e può essere usata per effettuare inferenze causali sull'eventualità dell'esistenza di relazioni causali tra tipi di eventi.
Le persone commettono errori nei giudizi di contingenza perchè usano la regola di covariazione trovando però le informazioni di alcune parti del problema più salienti di altre, o almeno attribuendo ad esse un'importanza maggiore.
Le persone spesso prestano più attenzione al non verificarsi che al verificarsi degli eventi.
Mandel e Lehman han definito strategie di test di positività, la tendenza a focalizzarsi su casi positivi (la causa ipotizzata è sempre presente), e test di sufficienza, la verifica della presenza della causa ipotizzata.
I processi di giudizio causale potrebbero essere automatici, al di fuori della coscienza.
Gli animali e gli uomini, quando si trovano davanti ad un evento improvviso, applicano un apprendimento di tipo associativo, e se l'evento è già stato predetto dal contesto, il suo arrivo non sarà più una sorpresa e non gli si porrà più attenzione.
L'apprendimento associativo è dunque evento-dipendente, dato che si verifica solo in presenza di un evento imprevisto o sorprendente, si basa sull'elaborazione di informazioni incomplete, e conserva una forza associativa nella memoria come indice di relazione causale.
L'apprendimento associativo non ha bisogno di conservare ricordi di particolari esempi di associazioni ipotetiche causa-evento per ricavarne una regola di giudizio di contingenza, questo apprendimento sembra quindi richiedere una capacità d'elaborazione di informazioni minore rispetto ai processi di giudizio di contingenza.
Diversi studi confermano l'esistenza di processi associativi nell'apprendimento umano della covariazione:
- Mancato apprendimento di eventi iperpredetti. Meccanismo di blocco: secondo le principali teorie l'apprendimento associativo avviene solo se l'evento bersaglio non risulta predetto dal contesto.
Dickinson, Shanks e Evenden hanno dimostrato il fenomeno del blocco, dove l'apprendimento viene bloccato da una precedente fase dell'apprendimento. - Elaborazione di informazioni incomplete: eventi inaspettati inducono a valutare bene l'ambiente immediato, alla ricerca di elementi a cui associarli.
- Incrementi della forza associativa: il modello di
apprendimento associativo predice degli aggiustamenti prova-per-prova
della forza associativa che lega indizi e risultati.
Nell'effettuare giudizi causali on-line (al volo), le persone apprendono le contingenze con processi associativi semplici, le persone sembrano apprendere le covariazioni concentrandosi su eventi inattesi.
Le correlazioni illusorie vengono apprese associando gruppi di minoranza a caratteristiche negative (es. atti criminali), dato che prestiamo attenzione maggiore agli eventi rari (es. il crimine) e tendiamo ad associarli agli aspetti salienti del contesto, invece in genere non si presta attenzione agli eventi comuni e non si nota ad esempio che i non-crimini sono tanto frequenti sia nelle minoranze che nei gruppi di maggioranza, per questi motivi spesso i gruppi di minoranza sono visti in modo negativo.
Attribuzioni, emozioni e motivazioni
La teoria attribuzionale si occupa degli effetti delle attribuzioni su emozioni e comportamento.
Le nostre attribuzioni in caso di insuccesso possono determinare le nostre sensazioni ed azioni successive, e secondo Weiner, se attribuiamo il fallimento di un esame ad un professore (causa esterna), tenderemo ad arrabbiarci, mentre se lo attribuiamo ad una preparazione inadeguata (causa interna), tenderemo a sentirci depressi.
Sempre secondo Weiner, le attribuzioni degli insuccessi a cause esterne tendono ad incoraggiare a provare ancora, inoltre, le persone che hanno bisogno di un elevato bisogno di soddisfazione tendono ad effettuare attribuzioni interne in caso di successo ed esterne in caso di insuccesso, e quindi sono motivate a perseverare in caso di insuccesso (questa ipotesi tutta via non è stata riscontrata da altri studiosi).
Inoltre, secondo Weiner le capacità personali sono vissute come cose immutabili, mentre secondo altri autori no, possono essere percepite dalle persone come mutabili (migliorabili o peggiorabili).
Secondo alcuni studiosi, le persone che pensano negativo tendono ad attribuire gli insuccessi a cause interne, stabili e globali, come la mancanza delle capacità, tuttavia la maggior parte delle ricerche non ha mai verificato la possibilità di predire con maggiore attendibilità la depressione in base alle aspettative delle persone.
In definitiva, la teoria delle attribuzioni ha ottenuto conferme limitate.
Spiegazione e pensiero
Quando si chiede di giustificare una scelta, le persone cercano le ragioni per le quali hanno scelto un'opzione piuttosto che un'altra.
Il dover dare spiegazioni può dunque indurre i decisori ad articolare assunzioni ed esplorare le opzioni in modo più approfondito.
Secondo Tetlock, la richiesta di fornire spiegazioni circa i propri giudizi migliora la presa di decisioni, se la richiesta arriva prima che inizi l'analisi delle informazioni pertinenti, e ciò può essere dovuto ad un aumento della motivazione delle persone che devono giustificarsi, mentre se la richiesta di spiegazioni arriva dopo che la decisione è stata presa, questa peggiora le prestazioni, perchè la gente tende a non modificare le decisioni prese, spesso anche davanti all'evidenza di miglioramento.
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